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In 3 mila in ricordo di Peppino Impastato, il fratello: "Non cedere a indifferenza"

Giovanni Impastato ha continuato a sottolineare la distanza da «certa antimafia percorsa da problemi e protagonismi come fatto da Pino Maniaci»

CINISI. «Il 9 maggio è una data incisa nella nostra carne. Da una parte ci procura molta sofferenza, ma dall'altra conferma la nostra determinazione. Tante sono le cose da non dimenticare: il coraggio di mia madre e la sua scelta di rottura sulle orme del figlio, l'impegno del Centro Impastato per ottenere giustizia e verità e il sostegno e la caparbietà dei compagni di Peppino».

Cosi Giovanni Impastato, fratello di Peppino, il militante di Lotta continua ucciso dalla mafia 38 anni fa, si è rivolto alle migliaia di persone (almeno tremila), tra studenti, attivisti e comuni cittadini, accorsi a Cinisi (Pa) per il tradizionale corteo in suo ricordo, partito da Radio Aut a Terrasini per concludersi davanti Casa memoria a Cinisi. In piazza in tanti hanno gridato «Peppino è vivo e lotta insieme a noi». «In un momento in cui l'indifferenza, la rassegnazione e la rinuncia all'attivismo imperversano, distraendo e allontanando le nuove generazioni, diventa complicato parlare», ha aggiunto Impastato, che, nel corso della giornata ha continuato a sottolineare la distanza da «certa antimafia percorsa da problemi e protagonismi come fatto da Pino Maniaci».

«Il revisionismo storico è in atto. Le piazze si svuotano, i social network si riempiono di inutilità, di parole vuote e reciproci attacchi spropositati - ha proseguito - La politica ha perso il piacere del confronto e dello scontro costruttivo tra le parti, alla base della democrazia».  Il 9 maggio per l'Italia è anche l'anniversario dell'uccisione da parte delle Br di Aldo Moro e nei giorni precedenti al corteo a Cinisi è intervenuta la figlia dello statista, Agnese Moro, ricordata da Impastato: «La sua presenza ci ha dato modo di riflettere e interrogarci su una parte della nostra storia sulla quale non è stato possibile trovare parole di verità - ha concluso - Il 9 maggio 1978 ha interrotto un processo di ampliamento della democrazia che probabilmente ci avrebbe condotto verso un futuro differente. Ora però dobbiamo vivere il presente. Un presente che dobbiamo trasformare e in questo la memoria ci può aiutare, una memoria che deve diventare costruzione e impegno. Per esserci e non subire la storia».

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