Arti marziali, il diciottenne palermitano Caravello argento ai mondiali di Muay Thai
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Casacca rossa e schiena dritta. A soli 18 anni, il palermitano Domenico Caravello porta a casa la medaglia d'argento dei campionati mondiali di Muay Thai a Bangkok. Aveva iniziato a tirare i suoi primi calci a 13 anni, nella palestra in cui il papà, Nicola, allenava i ragazzi più grandi. Voleva emularli, diventare come loro. «È nata da lì la passione, – racconta l'atleta – li guardavo allenarsi, papà poi mi ha insegnato a tirare qualche calcio, i pugni, ed è stato amore a prima vista». Adesso il suo primo mondiale con la maglia della nazionale che, dopo due vittorie, ai quarti con il Portogallo e in semifinale con la Germania, ha trovato la sconfitta in finale con l'Ucraina. «Ai quarti di finale ho provato un'ansia che non avevo mai provato in vita mia – racconta – quando li ho superati mi è sembrato poi tutto in discesa, avevo visto lottare l'avversario successivo e mi ero fatto un'idea. Ho vinto per KO alla terza ripresa». Il Muay Thai è un'arte marziale da combattimento, di origine tailandese. Si combatte dentro un ring, come nel pugilato, e prevede l'uso di pugni, calci, ginocchiate, gomitate e proiezioni. «È un'arte molto strong – spiega Nicola Caravello - il combattimento è molto spettacolare perché c'è tutta questa varietà di colpi. Nel 2028 dovrebbe essere prossima ad entrare nelle olimpiadi». Sulla finale, Domenico racconta: «La sera stessa ci hanno comunicato che si sarebbe fatta di mattina. Io ero rimasto lì allo stadio tutto il giorno e con addosso l'emozione del match vinto ho dormito pochissimo. Ho combattuto con quattro ore di sonno. Nonostante ciò, sempre a testa alta e contro un ragazzo più grande di me con otto mondiali alle spalle vinti». Il match sembrava essere partito col piede giusto per l'atleta palermitano, che con un pugno, alla prima ripresa, aveva spaccato il mento all'avversario. «Da lì lui ha cercato di tenermi a distanza – spiega Domenico – non mi faceva più avvicinare. Ho incontrato gente più forte, ma lui è stato più scaltro, più intelligente». Ad un passo dall'oro, Domenico torna soddisfatto e insieme a lui anche l'allenatore e papà, Nicola. «Essere sia padre che maestro è una sensazione strana – spiega Nicola, anche lui a Bangkok in quanto direttore tecnico della nazionale juniores – raccogli i frutti di tutte e due le posizioni. Da maestro riuscire ad entrare in un livello del genere è un'emozione molto forte: in queste manifestazioni non ti iscrivi ma conquisti proprio il posto per andare a combattere. Il livello è molto alto e arrivare a fare un'argento a quest'età è molto importante. Da maestro si crea già un legame molto forte con gli allievi, ma da papà è tutto moltiplicato per due». Domenico è stanco, ma grato. In quella medaglia sono racchiusi mesi di allenamenti e sacrifici di un atleta che è anche ragazzo e studente del liceo linguistico Ninni Cassarà. «Non uscire il venerdì, il sabato e la domenica per gli allenamenti – spiega - privarsi di mangiare perché bisogna seguire la dieta per rientrare nella categoria di pesi, allenarsi ogni giorno, mattina e pomeriggio». Certe volte anche prima della scuola, la mattina alle otto, racconta: «Combattere anche con se stessi in giornate in cui psicologicamente sei abbattuto ma devi allenarti lo stesso perché sai che sul ring troverai gente con più esperienza di te». Appena tornato è già in palestra ad allenarsi. «Non avrei mai pensato di poter partecipare ad un campionato mondiale – confessa - è sempre stato il mio sogno, da piccolo guardavo i miei compagni di palestra e mi dicevo che sarei voluto arrivare lontano. Per me questo, adesso è solamente l'inizio. Il sacrificio non è da tutti, ma ripaga».