PALERMO. Come vogliamo chiamarla? Giornalite? Stampite? Forse è solo passione, il nome della patologia. Quello che segue, infatti, è il racconto di una passione, di un’irrefrenabile irrequietezza. A lungo covata, esplosa nel 1970, ma poi interrotta a causa di un trasferimento a Reggio Emilia - perché se il lavoro chiama bisogna assecondarlo - e ripresa in maniera sistematica nel 1980, al rientro a Palermo. Salvatore La Marca da allora, e senza interruzioni, colleziona il «Giornale di Sicilia»: «Guardi, e non si spaventi...», dice orgogliosamente mentre racconta la sua fame insaziabile, attraverso una visita guidata tra le stanze della sua casa di Aquino. Calcolando 359 copie ogni anno - 6 giorni i quotidiani non sono in edicola - per 35 anni fanno 12.460 copie. Calcolando che con un quotidiano di solito porti a casa circa un etto e mezzo di carta, fanno 18.690 chilogrammi. Ora la domanda è: dove accidenti si stivano oltre 18 tonnellate di carta? La Marca le ha tentate tutte: prima ha occupato il salotto, poi ha intasato la cantina (che una volta si è pure allagata) e ha invaso la stanza dove ci sono i giochi dei nipotini, quindi ha costruito personalmente un casotto nel giardinetto, così da potere impilare (fino al soffitto?) gli scatoloni contenenti la preziosa raccolta. Già, perché ora ha cambiato strategia archivistica»: «Non è necessario conservare l’intero quotidiano, è troppo ingombrante, allora ho pensato di ritagliare gli articoli che più mi interessano, anche 15/20 al giorno. Certo è un lavoro, soprattutto se le copie si accumulano. Una vera fatica: mi rilasso solo quei pochi giorni in cui il giornale non esce». I suoi preferiti «sono gli articoli che mi colpiscono per idee, per gli eventi riportati, perché sono spiritosi, o semplicemente perché riguardano ambiti della vita che mi stanno a cuore. La chiesa, per esempio: io, oltre al mio lavoro al centro sanitario Santa Teresa di Bagheria, sono responsabile per le immaginette della chiesa di Monreale. Alcune notizie non le posso dimenticare: la bambina uccisa perché aveva rubato un’arancia o il signore greco che piange perché non può ritirare la pensione. E poi le guerre, le storie di immigrazione, la politica, e non perdo mai di leggere, e ritagliare, gli articoli che riguardano "”Garanzia giovani”: così posso mettere al corrente mia figlia». Concetta, la moglie, lei sì che appare turbata. La signora, che non è stata contagiata dal virus, sospira, rassegnata: «Che devo fare? Me lo devo tenere così». Il tinello è stato trasformato, anche se momentaneamente, in un’edicola: da un armadio, appena Salvatore apre un’anta, piovono ritagli, rigorosamente del Giornale di Sicilia; disposti su tavoli, sgabelli e mobili vari, non solo le copie del Giornale di Sicilia, ma anche gli inserti accumulati in 35 anni: quelli realizzati per i mondiali di calcio, per la riapertura del Teatro Massimo, e poi le ricette, i libri per i 150 anni del giornale, i cd, i romanzi più belli, le guide turistiche, i fascicoli sul benessere, i poster del Palermo, le foto di Alinari, le schede sanitarie. Chiarisce Salvatore: «E li ho pagati, oltre al prezzo del quotidiano». Il collezionismo assorbe tempo, energie, ma anche denaro. «Campioni» scritto grande con l'inchiostro azzurro è il primo giornale di una pila: 12 luglio 1982, il giorno dopo il successo, a Madrid, di Zoff, Cabrini e, soprattutto, Paolo Rossi. Il 13 c'è la foto del presidente che fuma la pipa e gioca a carte con gli azzurri. Nel 1991 scorrono sulle prime pagine la guerra del Golfo, il fenomeno Lega, nel 1992 ecco l'arresto di Mario Chiesa e lo scoppio di Tangentopoli, la fine dei partiti, la caduta di Craxi. Del 1999 è l'Oscar a Roberto Benigni per «La vita è bella», come è bella Sofia che lo consegna. Fa un certo effetto riprendere in mano il quotidiano con l’annuncio dell'introduzione dell’euro - ora che sappiamo quanto ci è effettivamente costato - con l’attacco degli Usa all’Iraq, e quello di Al Qaeda agli Usa dell’11 settembre, la morte di Giovanni Paolo II, le Olimpiadi a Torino, ancora l'Italia del calcio in vetta al mondo nel 2006, e nel 2008 l'elezione di Obama, il primo presidente americano di colore: sembra davvero di conservare dei piccoli pezzi di storia, a poco prezzo. C’è la Concordia che va giù, il Palermo che va su, ci sono le elezioni di Cammarata e Orlando, i guai di Marcelletti e ancora sport con i successi di Pantani e Cipollini, di Usain Bolt, di Juri Chechi, di Carl Lewis di Ian Thorpe, di Luna Rossa, di Valentino Rossi. Con il giornale, Salvatore ha un rapporto fisico: «Quando lo compro mi piace tenerlo in mano, mi piace l’odore, mi auguro che il tempo del cartaceo non finisca mai. E poi, grazie al giornale, ho vinto un abbonamento allo stadio». Conclude: «Non so se l’ha capito, ma io al mattino, appena esco da casa, compro subito il giornale, in una delle tre edicole di Monreale o a Bagheria dove lavoro. Prima del pane». Chiarissimo.