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Film a Palermo, Pif: "Satira e denuncia per ridere della mafia"

Una
commedia in cui «si ride della mafia mescolando satira e
denuncia». Così Pierfrancesco Diliberto in arte Pif, ha ideato
la sua opera prima, "La mafia uccide solo d'estate", di cui è
protagonista con Cristiana Capotondi. Il film, in gara al
Festival di Torino, uscirà il 28 novembre in oltre 200 sale
distribuito da 01.
«Io vengo dal mondo de Le Iene (come autore e volto di
inchieste satiriche proseguite poi con "Il testimone"),
dove ho imparato che attiri molta più attenzione se arrivi
scherzando, poi tirando fuori temi importanti, come cazzotti
nello stomaco, per poi tornare a ridere. La cosa fondamentale è
che la satira non offenda la tragedia» dice. Il neoregista,
palermitano, classe 1972, vorrebbe che «il film arrivasse anche
ai giovani, che magari mi conoscono per il mio lavoro in tv».
Paura che la mafia si arrabbi? «speriamo non si arrabbino
troppo» risponde sorridendo. E sottolinea: «Siamo riusciti a
girare quattro settimane a Palermo senza pagare il pizzo. Ho
detto da subito che non l'avrei pagato perchè sarebbe stato
assurdo, visto il senso del film. Ci siamo riusciti, e non è una
cosa così scontata, grazie all'aiuto fondamentale
dell'associazione "Addio Pizzo" e perchè non ho la mentalità dei
miei genitori, che erano rassegnati».
Pif, anche coautore della sceneggiatura con Marco Martani e
Michele Astori, spiega che quando «mi sono trasferito a Milano
mi sono reso conto che per gli italiani la mafia era
rappresentata dall'immagine di contadino di Totò Riina. Io
invece volevo raccontare anche gli altri suoi aspetti, quelli
della Palermo Bene, di persone come Stefano Bontade,
all'apparenza educate e gentili». Nel suo lavoro di ricerca
«e risentendo certe dichiarazioni dei politici di quegli anni
ci si rende conto che si sapeva già tutto ma non ci si
ribellava. Alcuni erano collusi, ma altri rinnegavano la
pericolosità della mafia. Anch'io vivevo come gli altri in una
bolla. Ci hanno fatto svegliare solo gli attentati del 1992».
La storia, ambientata a Palermo, tra gli anni '70 e '90
racconta i primi 20 anni di Arturo (da bambino lo interpreta
Alex Bisconti, da adulto Pif), brillante e sognatore, da sempre
innamorato di Flora (da bambina Ginevra Antona, da adulta
Cristiana Capotondi). Le avventure personali e sentimentali del
protagonista offrono uno sguardo anche sulla cronaca della città
immersa nelle guerre di mafia e nel tentativo di combatterla, di
uomini coraggiosi, spesso soli, come Rocco Chinnici, Dalla
Chiesa, Falcone e Borsellino. Il racconto si intreccia alle
immagini di repertorio scelte dagli autori nelle Teche Rai.
«È fondamentale riuscire a raccontare con leggerezza un
argomento del genere, si può arrivare così anche a un pubblico
più giovane che non ha ancora letto certi fatti - dice Cristiana
Capotondi -. In alcuni punti si ride ma si capisce la portata
drammatica di personaggi come Boris Giuliano o Dalla Chiesa che
nella storia sono talmente umanizzati da cogliere il loro
sacrificio ancora più profondamente».
Per combattere la
mafia "la speranza è non far riaccadere quello che è successo e
vale anche per il nord, dove oggi le dichiarazioni di certi
politici assomigliano a quelle dei politici siciliani degli anni
'70 - dice Pif -. A volte per orgoglio, altre per collusione,
non ne vogliono ammettere l'esistenza". Il regista comunque
vuole essere ottimista: "Oggi la gente denuncia di più, e lo
Stato, seppur tra mille problemi e limiti è più presente. Non
penso che politici come Ciancimino, Lima o il nostro caro Giulio
(Andreotti, ndr), potrebbero agire allo stesso modo oggi 'La
mafia' è sicuramente meno potente, ma proprio per questo
bisogna continuare la lotta alla criminalità ovunque. Sappiamo
che è più pericolosa quando non si vede".

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