Il 13 aprile Franco Scaldati avrebbe compiuto 71 anni, è proprio Franco Maresco a ricordarlo stamattina durante la conferenza stampa di "Lucio" uno dei testi più belli ed evocativi del drammaturgo, regista e attore siciliano, che Maresco ha deciso di portare sul palco del Teatro Biondo a 25 anni dall'ultima messa in scena. Il regista di Cinico tv (e tanti altri capolavori) ha parlato della necessità di raccontare il grande amico Scaldati, e restituire questo «grande poeta del '900» alla fama che merita: «Lui mi disse: "puoi farne quello che vuoi". Franco non era ritualistico -- spiega Maresco ‒ voleva che reinventassi 'Lucio' rischiando, mettendoci del mio. Sarebbe stato più facile farlo come l'ho visto fare a lui, un paio di volte». Il debutto in prima nazionale dello spettacolo, prodotto dallo stesso Teatro Biondo, sarà domani 8 aprile alle ore 21.00, con repliche fino al 13 aprile, in vista di una tournèe la prossima stagione. E proprio nella giornata conclusiva, che coincide con il compleanno di Scaldati, Maresco ha deciso di organizzare un incontro con il pubblico dove saranno proiettati alcuni spezzoni di un documentario inedito sul regista su cui sta lavorando. Un testo complesso, è proprio Maresco a definirlo un 'rischio', sia per la lunga assenza ventennale che per il carattere fortemente evocativo e lirico: «Se lo spettatore cerca la trama non la troverà. Franco era puro suono, quest'opera ha un lirismo unico. Quindi la lettura che ne darò sconvolgerà forse molti 'ortodossi' scaldatiani. Ho provato solo a immaginare cosa avrebbe fatto lui se lo avesse messo in scena oggi». Protagonista d'eccezione un attore-puparo che Maresco ha fortemente voluto proprio per la sua personalità energica e possente: «Mimmo mi ricorda Tony Scott -- racconta ‒: idealista, sognatore nonostante la sua figura imponente, una personalità generosa e ricca che non riesci a mettere dentro un sistema perché non cede ai compromessi. Ho chiesto al suo immaginario "sposiamoci"». Il puparo-cuntista, Mimmo Cuticchio sul palco vestirà però un doppio ruolo, Lucio e Illuminata, una scelta del regista di ridurre gli attori da sei a tre (talvolta Scaldati ne portava otto, contando i due topini), affidando anche agli altri due attori in scena, lo storico attore scaldatiano Melino Imparato e una 'maschera' del teatro popolare come Gino Carista, due ruoli ciascuno. Il filo con Scaldati è tenuto saldo anche nella composizione del cast tecnico formato da giovani che lavorarono, talvolta debuttando, con Maresco e Scaldati, maturando un'esperienza di oltre dieci anni al fianco dei due registi. L'unico 'forestiero', come lo ha definito lo stesso Maresco, è il torinese Cristian Zucaro, nome suggerito da Emma Dante, che ha curato le luci. Scritto nel 1977, può essere considerato il manifesto poetico del teatro di Scaldati, del quale l'autore scrisse: «Mettiamo che Lucio (gobbo e mutilato) sia l'ultimo uomo, mettiamo che Lucio abbia del passato un vago ricordo biologico, mettiamoci pure l'innocenza, il gioco, la luce, il mare, le montagne, gli alberi, il peccato, mettiamo che Lucio senta nella luce l'unica (prima o ultima) possibilità di essere». Un racconto che si annuncia immaginifico dove si alternano violenza, desiderio, passione in storie sospese tra la vita e la morte, tra il sonno e la veglia, con un campionario di situazioni e apparizioni, cui Maresco dà forma tra teatro e cinema. Le musiche originali, di Salvatore Bonafede, si ispirano pur se da lontano a quel jazz amato sia da Maresco che da Scaldati. Agli spettatori, dunque, non resta che lasciarsi trasportare, ascoltando quel suono in immagini, abbandonando per un po' domande e realtà. Il servizio di Rossella Puccio