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In Sicilia disoccupazione femminile al 45%: «Situazione che non migliora, ora le misure»

La disoccupazione femminile in Sicilia si attesta al 45%. Dal Palace hotel di via Messina Marine a Palermo la Cgil fa il punto della situazione sul lavoro delle donne nell’Isola: un quadro allarmante, che non accenna a migliorare nonostante i dati nazionali abbiano registrato un incremento.

Infatti, se è vero che «l’Istat e altri enti dicono che la situazione sia migliorata da un punto di vista lavorativo in Italia, ma in Sicilia questo non accade - sottolinea Concetta Raia, segretaria regionale Spi Cgil -. C’è un problema di occupazione, di lavoro buono e di qualità».

Il lavoro delle donne nella regione è un tema vasto e annoso, legato a doppio filo all’assenza di quei sevizi basilari di welfare, che costringono tantissime madri lavoratrici a dover rinunciare alla propria occupazione per prendersi cura della famiglia: «Oggi è la donna che si prende cura dell’anziano, della persona disabile, dei bimbi e tutti color che hanno necessità - spiega Raia -. E chiaro che fino a quando non vengono attivate tutte quelle misure di welfare la donna ne paga le conseguenze. In Sicilia ancora di più: non ci sono gli asili nido pubblici, che consentono alle donne di poter lavorare tranquillamente, e quelli privati costano tanto. Bisogna fare i conti e decidere se lasciare il lavoro, oppure di non fare figli». Un’opzione quest’ultima sempre più presa in considerazione da tante donne, che per amor di carriera sono costrette ad accantonare il sogno di una famiglia. Una scelta che va ad arricchire il grave problema della natalità, di cui si «dovrebbe parlare in senso generale - continua la segretaria Spi Cgil -, non dicendo mettiamo controlli. Le donne fanno figli solamente se hanno una condizione di servizi notevole, questo è il vero problema del nostro Paese e della nostra regione.

Per le donne inserite nel mondo del lavoro la situazione non è certamente più rosea: «Le donne siciliane sono quelle che hanno la retribuzione più bassa e il lavoro è caratterizzato dalla discontinuità e dalla precarietà - spiega Raia -. Senza quei servizi di welfare, alla fine della vita lavorativa ci si ritrova ad avere accumulato una pensione povera di circa 800 euro. Un uomo, invece, percepisce in media 1400 euro. Una differenza notevole, che si acuisce se facciamo il confronto con le pensioni del NordLa situazione è sempre più difficile da sostenere».

All’incontro anche l’assessore alla Famiglia Nuccia Albano, che ha sottolineato come ci sia «molta strada da fare. C’è una disparità economica sotto il profilo degli stipendi e conseguentemente nelle pensioni - ha detto -. Le donne devono essere aiutate ad tesser inserite nel mondo lavorativo, cercando di supportarle costruendo asili nido, dando così loro l’opportunità di lavorare. Stiamo mettendo in atto delle azioni anche per i giovani, con il programma Goal giovani per poter dare loro un avvio e una sicurezza nel lavoro».

Parlano Nuccia Albano, assessore regionale alla Famiglia e Concetta Raia, segretario Spi Cgil Sicilia

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