PALERMO. Stop! Per uno dei progetti di edilizia residenziale in area industriale dismessa un provvedimento della Soprintendenza ostacola il percorso in maniera quasi definitiva. Si ferma, così, la delibera che doveva portare alla realizzazione di 378 appartamenti in via Aiace, nell’ex cotonificio.
Uno stabilimento progettato negli anni Cinquanta dagli architetti palermitani Pietro Ajroldi e Franco Gioè, e in disuso da moltissimo tempo, ora viene ritenuto meritevole di essere salvaguardato.
La notizia è dell’altro ieri.
Una sezione (paesaggistica) dell’ente regionale a tutela dei monumenti, in un primo momento aveva dato il via libera al progetto: aveva cioè certificato che sul manufatto non gravasse alcun vincolo. Ma ora la sezione Architettonica della Soprintendenza ha avviato il percorso per l’apposizione del vincolo. provvedimento che blinderebbe il manufatto, sottraendolo definitivamente al frazionamento e alla successiva riconversione in struttura residenziale.
Ora da sei scendono a cinque i progetti che attendono in Consiglio comunale di essere approvati secondo una legge che consente alle zone D (cioè nelle aree industriali dismesse), a patto che ci fossero capannoni realizzati prima del 1997 e abbandonati da almeno tre anni, la loro rigenerazione edilizia attraverso l’approvazione di una variante urbanistica. Le cooperative partecipanti al bando avrebbero dovuto trovarsi nella posizione di proprietarie o con un’opzione di acquisto in tasca dell’area su cui costruire. Solo così si poteva partecipare. Al traguardo, appunto, erano arrivati solamente in sei consorzi di cooperative. Per uno di questi, il più importante come consistenza alloggiativa, c’è ora una clamorosa frenata, anzi una marcia indietro da valutare come una pietra tombale sulla vicenda. L’area della Riqualificazione del Comune, dopo avere ricevuto la lettera della Soprintendenza con cui si notifica l’emissione «della dichiarazione di importante interesse artistico», ha chiesto alla presidenza del Consiglio il ritiro della delibera.
«Lo abbiamo fatto immediatamente - spiega il capo area, Mario Li Castri - proprio per evitare equivoci e, soprattutto, per rispettare la decisione. Formalmente il provvedimento è sospeso perché ora dovremo richiedere alla Soprintendenza se intende confermare la sua volontà». Ma appare più che altro una pura formalità. A dire il vero, a favore dello stabilimento di Partanna Mondello si erano mossi in tanti. Fra cui l’asso - ciazione «Salvare Palermo». Ma era stato il professore Cesare Ajroldi, figlio di Pietro, il progettista del cotonificio, ad avviare una battaglia per preservarne l’architettura. Impegno riconosciuto dalla stessa soprintendente che cita le richieste di tutela presentante in più tappe, a partire dal 2016. E le sue relazioni hanno convito gli specialisti della Regione riferendo di una «valenza riconosciuta dal critico Bruno Zevi che definisce l’opera ”tra i migliori esempi di architettura industriale italiana”». Le riviste del settore, infatti, riconoscono il valore soprattutto «della soluzione adottata per la copertura inclinata a shed»: tetto che sembra una distesa di scaglie sovrapposte.
Tramonta, così, l’iniziativa avviata dalle cooperative «Matteotti», «La Tiziana», «La Torre», «S.M. Del Bosco», «La Tartaruga», «16 ottobre», «Lillo Giannilivigni», «Primo orto», «Università policlinico», «Liberty», «Esmeralda», «Giustizia» e «Abitare Sunia» per complessivi 378 alloggi. «Siamo costretti ancora a rilevare l’improvvisazione dell’amministrazione - dice Giulio Tantillo, di Forza Italia, componente della commissione Urbanistica -. Proprio sulla vicenda dello stabilimento tessile avevamo chiesto che si procedesse con cautela. In commissione abbiamo chiesto un supplemento di istruttoria. Meno male che il Consiglio non ha approvato l’atto dovendo poi fare i conti con la presenza di un no della Soprintendenza».
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