Dopo 201 anni è tornato da Siviglia. Ad accoglierlo a Palazzo Reale a Palermo centinaia di persone curiose di vedere da vicino un quadro “surreale” che ritrae Palermo agli inizi del 1700. Sembra quasi la narrazione di un film con tanti aspetti tipici di un “giallo”: una veduta illustra la città siciliana, attraverso i prospetti di alcuni dei suoi edifici più rappresentativi, civili, religiosi e privati e una quantità incredibile di dettagli. Circa settecento fedeli, ventiquattro palazzi e ventotto macchine processionali. Gli edifici sono disposti in modo casuale senza alcuna corrispondenza con la realtà. Ad accogliere il quadro è giunto da Roma anche il professore Marcello Fagiolo, storico dell’arte, che ebbe il merito qualche anno fa di rendere nota quest’opera, custodita in Spagna nella collezione privata della Fundación Casa de Alba. La sua tesi è certamente la più nota e accreditata. “E’ uno straordinario manifesto di Palermo – ha detto Fagiolo - raffigurata attraverso i poteri civici, aristocratici e religiosi. Una specie di pentagramma, una sinfonia che unisce le forze e le debolezze della città esposta a pericoli supremi, come il terremoto della Sicilia Orientale del 1693, che solo la Santità poteva risolvere. La città si snoda attraverso un corteo vivente coi palazzi a fare da guardia come corteo di pietra messo a confronto con Palermo in carne e ossa. Si celebra l’ingresso trionfale di Santa Rosalia, discendente dai re normanni, che entra Palermo non solo da Santa ma anche come regina”. “E’ la sinfonia della città - ha proseguito Fagiolo - che vorremmo si riproducesse oggi con l’accordo tra poteri civili, religiosi, delle istituzioni e il popolo, che in questo quadro sfila per rendere omaggio alla Santa e anche a se stesso traendo auspici anche dalle disgrazie come la peste e il terremoto. Noi in Italia, non solo a Palermo, di pericoli e di pesti ne subiamo continuamente”. Ed ecco che Fagiolo risolve così alcuni enigma: chi è il committente? Qual è la datazione? Secondo Fagiolo il committente “non è il Senato di Palermo, i proprietari sono i Viceré spagnoli raffigurati nell’opera affacciati dal Palazzo Pretorio e ci portano a restringere la datazione: siamo antecedenti al subentro dei Savoia perché i vestiti dell’autorità sono spagnoli e in particolare siamo tra il 1706 e il 1707 perché i due personaggi, il viceré e la viceregina possono essere due persone, dato che nel 1708 il secondo viceré diventa vedovo”. Soddisfatta Patrizia Monterosso, direttore generale della Fondazione Federico II: “Abbiamo iniziato a dialogare con la Spagna in aprile – ha detto Monterosso - per riportare questo quadro a Palermo. Una città che ritrova se stesso, attraverso un quadro che ha del surreale, ma che invece è reale e oggi rappresenta anche uno stimolo verso l’unità totale tra le istituzioni per il bene comune. Per una migliore fruizione del quadro, restaurato per l’occasione, abbiamo usato la tecnologia, dando vita ad una installazione con camera framing che immerge l’osservatore nell’opera con una sorta di lente di ingrandimento”. Sia il quadro che l’istallazione resteranno a Palazzo Reale fino alla fine della mostra Rosalia eris in peste patrona, fissata per il 5 maggio 2019. “Siamo molo contenti- ha detto Alvaro Romero Sancheza Arjona, responsabile della Cultura della Fundación Casa de Alba - che il quadro, attraverso un restauro operato a Madrid, sia tornato allo splendore di un tempo e sia ospitato da oggi in una luogo così importante come il Palazzo Reale di Palermo che lo valorizza ulteriormente”. L’installazione "video reframing" in verticale è stata curata da Luca Pulvirenti con una giovane equipe: “L’installazione - ha detto il docente di arti visive - vuole dare uno sguardo allo sguardo dell’autore. Il quadro a mio avviso è allegorico e intende rappresentare un momento di gioia, ma entrando nei dettagli non troviamo la stessa gioia, cogliamo sfumature che senza questo camera framing non sono visibili vediamo”.