Palermo

Mercoledì 27 Novembre 2024

"Le parole rubate", Fantastichini sul palco: "Personaggio forte, piango ogni volta"

PALERMO. Sono il simbolo dei misteri che ancora avvolgono una stagione drammatica della storia d’Italia: il computer portatile di Giovanni Falcone e la borsa di Paolo Borsellino. Contenevano il file del diario e l’agenda rossa dei magistrati assassinati nella terribile estate del 1992. Diario e agenda scomparsi misteriosamente dopo le stragi. Adesso, quel computer e quella borsa arrivano sul palco del Teatro Massimo di Palermo, per un’opera davvero particolare. «Le parole rubate», si intitola. Verrà rappresentata il 23 maggio, alle 20. Diretta a partire dalla 19.50 su Gds.it. «Sarà un’indagine sul palcoscenico, per capire quando e soprattutto come sono state trafugate le parole di Falcone e Borsellino», spiega Salvo Palazzolo, giornalista di Repubblica, che ha scritto il testo della rappresentazione assieme a Gery Palazzotto. A condurre l’indagine sul palcoscenico sarà l’attore Ennio Fantastichini, all’interno di uno spettacolo che ha la regia di Giorgio Barberio Corsetti; le musiche di Marco Betta saranno eseguite da una formazione di trenta professori d’orchestra, diretta da Yoichi Sugiyama. Fantastichini, cercatore delle parole scomparse, ripercorrerà le dichiarazioni dei testimoni ai processi, gli indizi, metterà in relazione tracce e coincidenze, poi si muoverà dentro le immagini di quel 1992. "Si tratta di una sorta di viaggio nelle tenebre, nelle bugie, nell'assurdo - spiega Fantastichini -. Le difficoltà di questo ruolo sta nell'impatto emotivo del personaggio, mi si riempiono gli occhi di lacrime ogni volta. Ho la possibilità di dare voce a qualcosa di assurdo, di incomprensibile alla quale ancora nessuno è riuscito a dare risposta". «Un’indagine che vuole ribadire il vero significato che dovrebbe avere la parola memoria - dice ancora Palazzolo - Venticinque anni dopo gli eccidi di Capaci e di via d’Amelio, ricordare vuol dire soprattutto impegno per la ricerca di quella verità che ancora non c'è. Impegno che non può essere solo della magistratura, ma deve essere di tutta la società civile».

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