PALERMO. Una particolare attenzione verso la rivalsa della povera gente che sempre bistrattata dal potente di turno, ad un certo punto cerca di alzare la testa, ma si ritrova sconfitta dalle guardie e dalla peste. I promessi sposi di Michele Guardì mantengono alla fine ciò che promettono: un grande affresco popolare, estrema cura nelle rifiniture, ottimi interpreti e grande attenzione per l'adattamento del capolavoro manzoniano.
L'opera moderna - fino a domenica 13 dicembre al Teatro Al Massimo - campione di incassi creata da Guardì sulle musiche di Pippo Flora si condensa tutta in quella preghiera finale elevata a chi sta sopra tutti, giudica e premia: un preghiera dalla lunga gestazione per Guardì e Flora, ma un risultato di sicuro effetto.
Il resto lo fanno le scenografie che ricreano le borgate comasche e la Milano dei Borromeo; e le nuove coreografie di Luciano Cannito, che impegnano i ballerini costretti in un palcoscenico- quello del Teatro Al Massimo- che non consente grandi spiegamenti. Eppure questi Promessi sposi piacciono, la storia arcinota di Renzo e Lucia, che ogni singolo spettatore ha studiato a scuola, è interpretata da tredici interpreti di ottimo livello.
immagini di Marco Gullà
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