Trentuno anni fa, sotto quello che fu ribattezzato come albero Falcone, la gente urlava «Vergognatevi». Oggi, sotto le fronde dello stesso albero, ci sono i figli al fianco dei genitori. La differenza tra la Palermo di oggi e la Palermo di ieri sta nei numeri, come ha sottolineato il presidente della commissione antimafia regionale, Antonello Cracolici: «Trent’anni fa la parola mafia non si poteva pronunciare. Oggi, invece, viene gridata, soprattutto dai più piccoli». La trentunesima commemorazione della strage di Capaci si è aperta, come ogni anno, nel segno delle scuole: migliaia tra docenti e insegnanti arrivati da tutta la Sicilia e dalle altre regioni d’Italia, si sono mescolati ai cittadini palermitani, partendo in corteo alle 15,30 dall’incrocio tra la via Duca della Verdura e la via Sampolo, proprio sotto lo sguardo del giudice Giovanni Falcone, rappresentato in un murale. In testa al corteo, al fianco dei bambini, l’amministrazione comunale al completo. «La città dimostra di crederci fino in fondo e si presenta capace di resistere ad ogni tentazione - ha sottolineato il sindaco Roberto Lagalla, mentre guidava la testa del lungo serpentone umano verso l’albero -. Non possiamo che confermare il lavoro che insieme a questa città e per questa città vogliamo fare e stiamo facendo. Questa giornata con tantissimi giovani è la lezione più bella della lezione di Falcone e l’educazione che questa sta dando». E risponde sul tema di un’antimafia vacillante dopo l’arresto della preside dello Zen: «Non voglio entrare in polemica - dice -. La cultura dell’antimafia è patrimonio di tutti. L’etica della responsabilità delle istituzioni impone che ci siano regole per tutti: non condivido coloro che ritengono di avere sempre la verità nel taschino e di potere decidere chi sono i buoni e i cattivi». La musica nel frattempo lanciata dal palco montato sotto l’albero Falcone ha accolto le migliaia di persone che hanno riempito la strada: «È un lavoro quotidiano fatto nelle scuole affinché tutto questo non sia circoscritto alla sola data del 23 maggio - spiega Antonella Sannasardo, professoressa dell’istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III e referente della legalità dell’istituto -. La scuola forma la mentalità che non scenderà a patti con la mafia e questo è il nostro primo obiettivo». «Il nostro modo di vivere il 23 maggio è diverso rispetto a chi lo ha vissuto - spiega Marvin George Dos Santos, della 5 E del Vittorio Emanuele - ci è stato tramandato da genitori e insegnati ma nonostante sia lontana da noi, la sentiamo tantissimo. Soprattutto frequentando una scuola vicina all’albero Falcone, per noi è un giorno molto sentito. È il giorno più importante per il popolo palermitano. Nel nostro piccolo dobbiamo fare il nostro, portando avanti legalità, sincerità e tenere lontano tutto ciò che si distacca dalla strada giusta». La commemorazione quest’anno si è unita al dolore per i terribili episodi di maltempo che hanno colpito l’Emilia Romagna. Sul palco, infatti, non c’era nessun artista, momento che contraddistingue da sempre il 23 maggio. Soltanto i tanto acclamati Sansoni sono saliti qualche minuto per un saluto. Poi il momento del silenzio. Piero Grasso, già presidente del Senato, ha letto i nomi degli uomini e delle donne della scorta rimasti uccisi. A seguire, quelli di Francesca Morvillo e Giovanni Falcone, al quale la folla ha tributato l’applauso più forte.