Una storia di revenge porn arriva dalla Sicilia e viene raccontata in occasione del lancio di una campagna proprio contro le vendette porno che parte dalle farmacie di Palermo. A raccontarla è Giorgia Butera, dell'associazione Mete onlus, e riguarda una mamma siciliana che qualche anno fa ha vissuto una situazione drammatica. La figlia, oggi 24enne, nel 2015 fece un video in cui si mostrava e lo inviò ad un suo compagno, del quale, evidentemente, era attratta. Il ragazzo, ricevuto il messaggio whatsapp con quelle immagini osé, lo girò ad altri compagni. In poco tempo quel filmato diventò virale e la 17enne vittima di derisione e vergogna.
«Ti scrivo perché io questa cosa non l'ho ancora superata - racconta la mamma a Giorgia Butera -. Io e mio marito fummo avvisati di quel video solo a fine giugno. Subito ci recammo a scuola per sapere se loro fossero a conoscenza di quanto accaduto, ma l'istituto fece ricadere la colpa su mia figlia, perché era stata lei a fare il video, in buona sostanza per la scuola se l'era cercata. E poi quelle immagini erano state girate a casa e non nell'istituto. Anche la parrocchia ci chiuse le porte - scrive la mamma - con la scusa di volerla proteggere. L'unico conforto ce lo diede un consultorio».
Il revenge porn, che è la diffusione di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della persona ritratta, dal 2019 è ufficialmente un reato con l'istituzione della legge n. 69 del 19 luglio, meglio nota come Codice rosso. L'interesse sul problema negli ultimi anni si è di molto accresciuto, anche perché il fenomeno è molto diffuso ma ancora poco denunciato. Spesso per vergogna o per paura, visto che spesso le vittime vengono ricattate o viene chiesto loro denaro per fermare la diffusione delle immagini. O, come nel caso del nostro racconto, per evitare ulteriori problemi alla persona offesa.
«A settembre ho contattato un'avvocata molto brava che nemmeno ha voluto soldi viste le nostre difficoltà - conclude il racconto la mamma della giovane vittima di revenge porn -. Lei ha inviato una lettera alla preside della scuola che, allarmata dopo la missiva, ci ha fatti chiamare. Abbiamo incontrato il ragazzo davanti alla dirigente scolastica e, alla fine, abbiamo deciso di non denunciare per proteggere nostra figlia. Una situazione assurda».
Per attenuare il fenomeno e per aiutare le vittime e le famiglie in difficoltà, parte dalle farmacie di Palermo e provincia, per estendersi poi a tutte le 19 mila farmacie italiane, la campagna di sensibilizzazione Stop Sexting and Revenge porn. L’obiettivo è anche quello di fare conoscere il fenomeno alla comunità degli adulti, in quanto i genitori spesso sono inconsapevoli o non preparati ad affrontare l’isolamento e il drammatico incubo del quale finiscono vittime i figli.
Nel video sopra, Giorgia Butera illustra l'iniziativa
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