Il 6 gennaio 1980 era una domenica. Piersanti Mattarella stava entrando in macchina per andare a Messa insieme alla famiglia. Poi, gli otto colpi di pistola, davanti al civico 147, sotto gli occhi di tutti. Moglie, suocera e figli. Quel giorno il presidente della Regione era senza scorta.
Quarantadue anni dopo resta ancora una ferita aperta. Nessuna verità né giustizia. Si sconosce persino l'esecutore materiale della strage. La figlia Maria è ancora lì, al civico 147, a ricordare insieme alle autorità un uomo delle istituzioni scomodo alla mafia che per lei era soprattutto un padre.
Questa mattina sono state deposte le corone di alloro. Presenti alla cerimonia di commemorazione tra gli altri il vicepresidente della Regione, Gaetano Armao, il presidente dell'Ars Gianfranco Miccichè, il prefetto Giuseppe Forlani e il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando.
"Questo terribile omicidio - afferma Orlando - costituisce l'attacco più alto nei confronti del più alto esponente istituzionale ucciso dalla mafia. Non soltanto resta aperta la ferita, è aperta anche la testimonianza di Piersanti Mattarella il suo insegnamento è un richiamo attuale oggi come non mai a una realtà che rischia di non comprendere come la politica è servizio, e il servizio è fatica quotidiana".
Su Mattarella Armao afferma: "Resta e sarà sempre un esempio per ogni governo regionale quale modello di guida amministrativa e di innovazione contabile. È davvero impensabile che dopo 42 anni - conclude il vicepresidente della Regione - ancora oggi si debba cercare la verità di fronte ad un delitto efferato che ha colpito la Sicilia in un momento drammatico ma che ha rotto anche un grande periodo di riforma e rilancio".
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