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Commissione antimafia nelle scuole dello Zen di Palermo: "Stop alla dispersione"

Non solo dati e numeri grezzi, ma riscontri sul territorio. L'inchiesta sulla condizione minorile in Sicilia condotta dalla Commissione regionale antimafia, incentrata in particolar modo sulla dispersione scolastica, si addentra fisicamente nei quartieri oggetto di studio. Oggi la prima tappa per la Commissione alla scuola Falcone di Palermo, per incontrare enti locali e associazioni dei territori.

“Abbiamo deciso di avviare questa indagine – spiega il presidente della Commissione, Claudio Fava – sulla base delle preoccupazioni espresse da diversi presidenti di tribunali per i minori. Adesso stiamo raccogliendo i dati e ascoltando tutti gli operatori, cercando di capire nei quartieri in cui tutto ciò quali siano le testimonianze, i racconti, le esperienze”.

“Noi non abbiamo più abbandoni o evasioni – afferma Daniela Lo Verde, dirigente dell'Istituto comprensivo Falcone - però abbiamo tanta frequenza irregolare, tanto disagio nei comportamenti che condiziona fortemente gli apprendimenti”.
È comunque importante, nei limiti del ruolo pedagogico che la scuola può offrire, prevenire l'insorgere di queste dinamiche, sottolinea la dirigente, e aggiunge: “Quello che ci risulta è che poi uscendo dalla terza secondaria di primo grado, confrontando gli esiti degli apprendimenti, molti dei nostri alunni vengono fermati. Non tanto per problemi di successo degli apprendimenti ma proprio per mancata validità dell'anno quindi praticamente non frequentano”.

Diverse le problematiche emerse durante l'incontro. “Il legame tra il circuito illegale e l'assenza di istruzione è legata – spiega Mariangela Di Ganci, operatrice sociale e presidente dell'associazione zeninsieme - al fatto che chiaramente minori sono le tue opportunità di cavartela nel sistema regolare, più è probabile che tu venga in contatto con quella irregolare”.

“Io però focalizzerei l'attenzione sulla intempestività delle risposte istituzionali nei confronti dei ragazzi e delle ragazze – continua -. Abbiamo a lungo tenuto i bambini e le bambine del quartiere popolare sotto un tappeto, come fossero polvere, chiediamo sforzi troppo grandi per restare nel sistema regolare”.
Mobilità quasi inesistente, formazione professionale non accompagnata dall'assunzione, carenza di osservatori psicopedagogici (sono 4 per 31 scuole), un turnover continuo di docenti, un'assistenza sanitaria lontana e fragile.

“Quello che viene fuori dallo Zen è quello che in parte sappiamo – conclude Claudio Fava – qui ci viene confermato. Questo quartiere è un'isola. Condannata ad una sorta di segregazione sociale e civile, considerata un punto della carta geografica dal quale prendere le distanze”.

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