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L'omelia ai funerali delle vittime: fede e preghiera per superare il dolore

Ecco l'omelia pronunciata stamattina ai funerali delle vittime della strage di Casteldaccia da monsignor Giuseppe Oliveri.

Cari fratelli e sorelle nel Signore, siamo ancora tutti sgomenti e increduli di fronte a quanto è accaduto tre giorni fa; ma più di tutti lo sono, ovviamente, i familiari e gli amici di queste vittime innocenti, a cui ci stringiamo oggi con tanto affetto quanti siamo qui presenti e l’intera Chiesa palermitana - a cominciare dal nostro Arcivescovo - anche se tutto questo, come ci rendiamo perfettamente conto, rappresenta ben poca cosa rispetto a ciò che essi stanno vivendo.

La morte è sempre dolorosa, ma lo è soprattutto quando essa viene improvvisa e inattesa a toglierci dal fianco le persone che amiamo, quelle su cui contavamo ancora e che erano parte della nostra stessa vita.

Un affettuoso pensiero, ugualmente carico di umana e cristiana solidarietà, permettetemi di rivolgerlo anche nei confronti dei Giuseppe Liotta del quale continuano le ricerche e dei suoi familiari che vivono ore di ansia per il loro congiunto. Nonché delle altre vittime dei violenti nubifragi dei giorni scorsi. Tutti vogliamo qui raccomandare al Signore.

Certo, è lecito e forse anche doveroso, che anche ci si interroghi a tutti i livelli per cercare di dare una spiegazione a quello che appare inspiegabile e, comunque, inaccettabile. Ma speriamo vivamente che lo si faccia non per alimentare inutili polemiche o favorire il ben noto e insopportabile rimpallo di responsabilità, quanto per rendere giustizia, nella verità, a chi non c’è più e porre i necessari provvedimenti affinché si eviti il ripetersi di tali eventi.

Tuttavia, non è questo il momento e neppure il luogo per tali considerazioni. Noi non siamo qui per compiere un gesto di umana convenienza, ma per manifestare a questa famiglia, colpita così
duramente, tutta la nostra solidarietà, tutta la nostra partecipazione che qui si esprimiamo con la presenza e la preghiera. Sì fratelli e sorelle, soprattutto per questo siamo qui: per riaffermare la nostra fede nella risurrezione e nella vita eterna e per pregare, perché solo la fede e la preghiera in certi momenti possono sostenerci e possono costituire un riparo per l’animo comprensibilmente esasperato.

Ed allora sostiamo alcuni istanti in riflessione, per cogliere dalla Parola di Dio che abbiamo ascoltato uno spiraglio di luce per la nostra mente, un po’ di conforto per il nostro cuore e persino un insegnamento per la nostra vita, anche in questo momento di tristezza per tutti.

Abbiamo ascoltato, nel Vangelo, la parola di Gesù che si conclude con un richiamo molto grave:

“Vigilate perché non sapete né il giorno, né l’ora”. Noi, come le vergini, non conosciamo l’ora della venuta del Signore. Sappiamo, però, che la sua venuta sarà per invitarci a una festa… alla festa di nozze nel suo Regno. Siamo invitati dunque a vivere la nostra vita in attesa vigilante e gioiosa dell’incontro con lo Sposo.

Fratelli e sorelle, tutta la nostra vita è un avvento, cioè un’attesa del Signore. E’ una vigilia la nostra vita: una vigilia di festa, appunto. E noi dovremmo vivere tutti i nostri giorni come un’attesa serena di questo momento che realizzerà il nostro incontro col Signore.

Allora, se così deve essere la nostra vita, comprendiamo bene quello che ci suggerisce la parabola evangelica, che non possiamo aspettare il Signore a mani vuote, ma con la lampada accesa. Cosa significa questa lampada di cui parla Gesù, che le vergini sagge tenevano accese con cura e quelle stolte hanno lasciato spegnere? Essa esprime la nostra fede, quella fede che siamo chiamati a custodire dal momento del nostro battesimo e per tutti i giorni della vita affinché non venga mai meno, neppure nei momenti tragici che ci possono colpire e affliggere. E rappresenta anche la speranza, quella speranza che con gli occhi della fede ci fa intravedere il momento in cui, riuniti ai
nostri cari, vivremo per sempre felici.

Ecco, dunque, la lezione che ci viene dalla morte e, soprattutto da una morte improvvisa: prepararsi all’incontro con il Signore, in qualunque momento esso avverrà, con le lampade della nostra fede
sempre accese.

Carissimi, la vita del cristiano, pur tra le vicissitudini del mondo, tra le inevitabili sofferenze di cui essa è costellata, dovrebbe essere una serena attesa del “Signore della vita”.

Vogliamo, allora, ravvivare la fede nella vita. Vogliamo credere che anche per questi nostri fratelli e sorelle, chiamati improvvisamente a chiudere la loro giornata terrena, si sarà aperta la porta della vita, della vita senza fine, della vita eterna.

Il Signore Dio, alla cui misericordia continuamente ci appelliamo, avrà già tenuto conto del loro sacrificio e sarà stato benevolo con loro accogliendoli nella sua dimora, perchè ”Buono è il Signore con chi spera in lui, con l’anima che lo cerca” (Lam 3,26).

E noi che siamo ancora pellegrini sulla terra, finché lo possiamo facciamo sì che questa misericordia sia meritata da una fede sempre viva testimoniata dalla testimonianza delle nostre opere. Con questa fede ora continueremo a pregare per questi nostri cari defunti.

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