Mafia alla Noce, le intercettazioni: "Gli scassiamo tutte cose, così lo capisce..."
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Pizzo e controllo del territorio sulle attività commerciali del quartiere Noce di Palermo. Ma anche la festa del Sacro Cuore per la quale i mafiosi chiedevano un “contributo” in denaro extra a tutti i commercianti. È l'ultimo capitolo della gestione del racket, tra sacro e profano, emerso dall'inchiesta della dda di Palermo culminata nell'ordinanza di custodia cautelare a carico di 11 tra boss, gregari ed estorsori del clan Noce di Palermo. A chi non si piegava alle richieste di soldi erano riservate pesanti ritorsioni, come nel caso di un commerciante al quale era stata incendiata la casa come conseguenza del suo no al racket. Dalle intercettazioni emerge una pesante realtà fatta di saracinesche e lucchetti bloccati con la colla attack, come primo avvertimento per chi i commercianti che non pagavano. “L’attac dei catenacci senza passare ordini a nessuno!”, così davano indicazioni i mafiosi del quartiere Noce alla loro manovalanza sul territorio. E per chi si opponeva e si ostinava a non pagare quanto richiesto scattavano intimidazioni più pressanti come la distruzione delle vetrine o peggio. “No! Non esiste proprio! Va Bene!!! Vabbè noi altri gli scassiamo tutte cose... Non esiste proprio… Mio fratello ha ancora un mare di debiti… Venerdì ci amu a sparari na vitrina. Accussì ù capisci! Accussì poi si fa a strata!” I mafiosi si organizzavano per effettuare una incursione i danni di commerciante: "Organizziamoci venerdì sera… C’è sparare n’ta facci!", dicono intercettati per strada dalla squadra mobile. "No Fabio… tu non li devi dire queste cose…", risponde l'altro.