Falcone e i tesori di Cosa Nostra, documentario racconta il lavoro dei finanzieri
This browser does not support the video element.
Una squadra di finanzieri lavorò gomito a gomito con i magistrati del pool antimafia diretto da Antonino Caponnetto. E’ questo il tema di un video-documentario, intitolato “Le Fiamme del Pool….sulle tracce dei tesori di cosa nostra” che sarà proiettato alle 17 di domani, presso l'aula Magna del Palazzo di Giustizia di Palermo, nell’ambito dell’iniziativa di ricordo della figura di Giovanni Falcone promossa dalla Sezione Distrettuale palermitana dell’Associazione Nazionale Magistrati e dal Comando Regionale Sicilia della Guardia di Finanza. Per l’occasione, saranno presenti il Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Francesco Minisci e il Comandante Generale della Guardia di Finanza Giorgio Toschi. Il video, realizzato dal Comando Regionale Sicilia con il prezioso contributo della Fondazione “Falcone”, prende le mosse dalla Palermo del 1983: una città insanguinata da una mattanza che sembra senza fine. E’ Giovanni Falcone ad intuire la “dimensione unitaria di cosa nostra” e che bisogna cercare innanzitutto i soldi e gli affari per fermare le cosche mafiose. Così, ottiene che una squadra di finanzieri dell’allora Nucleo Regionale di Polizia Tributaria lavori a fianco del pool, nel bunker dell’Ufficio Istruzione, per ricostruire le connessioni fra boss, clan e insospettabili complici che emergono da una montagna di assegni appena sequestrati. Maria Falcone, la sorella del giudice, ricorda che proprio «in quei giorni nacque il motto: “Segui il denaro, troverai la mafia”. Ancora oggi un punto di riferimento per una lotta fondamentale nel nostro Paese». Ma all’inizio le difficoltà sono tante: in una intervista del tempo, Paolo Borsellino sottolinea come in quei difficili anni Ottanta il pool non avesse a disposizione neanche un computer. I finanzieri della squadra, con il supporto di Giovanni Paparcuri, storico collaboratore giudiziario dei magistrati del pool, iniziarono a catalogare ogni assegno, ogni traccia, e poco a poco nacque una grande mappa criminale che orientò le indagini. «Riuscimmo finalmente a trovare connessioni fra persone fino a quel momento impensabili», ricorda il giudice Leonardo Guarnotta, uno dei componenti del pool antimafia. E i giudici istruttori Giuseppe Di Lello, Ignazio De Francisci e Gioacchino Natoli evidenziano come questa certosina attività abbia permesso man mano di fare luce sulle rotte del denaro frutto dei traffici illeciti. Con risultati allora impensabili, come quando l’allora capitano Ignazio Gibilaro, oggi Comandante Regionale Sicilia della Guardia di Finanza, venne inviato al confine tra Italia e Svizzera per acquisire i documenti relativi agli investimenti di Vito Ciancimino nelle banche elvetiche. «Raccontare quei giorni vuol dire ripercorrere la nascita di un metodo di investigazione ancora oggi attualissimo», dice il Generale Sebastiano Galdino, Comandante Interregionale dell’Italia Sud-Occidentale della Guardia di Finanza. Una riflessione con la quale concorda anche Matteo Frasca, Presidente della Corte d’Appello di Palermo che sottolinea l’importanza di quella intuizione di Falcone anche nel contrasto dell’attuale minaccia mafiosa in campo economico, connotata da risvolti transnazionali. Sull’evoluzione del “metodo Falcone” e delle strutture investigative destinate alla ricostruzione dei flussi finanziari e dei patrimoni illecitamente accumulati si svolgerà, subito dopo la proiezione del video-documentario, una tavola rotonda, moderata dal giornalista RAI Salvatore Cusimano, a cui prenderanno parte Sergio Lari (già Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Caltanissetta), Piero Grillo (Presidente di Sezione presso il Tribunale di Trapani) e Giancarlo Trotta (Comandante Provinciale della Guardia di Finanza di Palermo).