PALERMO. L’assemblea dei 329 titolari di farmacia di Palermo e provincia – metà in sala e metà collegati con la diretta Facebook – con l’ausilio dei legali di Federfarma Palermo ha esaminato le criticità della legge 124 dello scorso mese di agosto che espone la proprietà delle farmacie – mercato che nel Paese vale 25 miliardi di euro - all’aggressione di società di capitali, e ha condiviso il progetto di “Rete nazionale di protezione” delle 18.500 farmacie italiane indipendenti, col cappello di Federfarma nazionale e Federfarma Servizi, che sarà definito e presentato fra 16 settimane all’assemblea nazionale del sindacato. “Rassicuro tutti i colleghi – ha detto Roberto Tobia, tesoriere nazionale e presidente di Federfarma Palermo – : il sindacato c’è e sta rapidamente costruendo una soluzione efficace per mantenere l’indipendenza delle farmacie e per consentire ancora al cittadino di scegliere un servizio professionale, di qualità e attento solo alla sua salute, in contrapposizione a un’offerta commerciale e speculativa che tratta il farmaco alla stessa stregua di un detersivo. Infatti, lo scenario peggiore che apre la legge 124 è una farmacia posseduta al 100% da non farmacisti e, come lavoratore dipendente, un farmacista con l’incarico di direttore, verosimilmente costretto, esattamente come avviene nei punti vendita delle catene, a eseguire le indicazioni della proprietà sul sostenere un farmaco rispetto ad un altro”. “So – ha aggiunto Tobia rivolto ai farmacisti palermitani - che siete tempestati da telefonate, pressioni e offerte da parte di presunti rappresentanti di fondi d’investimento e società di capitali. Per questo vi lancio un appello: aspettate questi quattro mesi necessari a costruire la ‘Rete di protezione’, resistete alla tentazione di vendere, significherebbe svendere la farmacia e la vostra professionalità”. La strategia organizzativa e di marketing della “Rete di protezione”, affidata ad una primaria società di consulenza internazionale, si basa su quattro direttrici: ridurre e spalmare nel tempo l’indebitamento delle farmacie grazie ad un check-up finanziario e ad nuovo ruolo della controllata di categoria Credifarma; impiego delle risorse della controllata Promofarma per finanziare un sistema omogeneo di gestione aziendale e di digitalizzazione di tutte le farmacie del Paese; inclusione di tutti i soggetti della filiera, compresi gli operatori della distribuzione del farmaco; attivazione di nuovi servizi a standard omogenei che garantiscano la competitività e la sostenibilità economica delle farmacie, come elettrocardiogrammi, Holter cardiaci e pressori, diagnosi in tempo reale, screening di massa, controllo sull’aderenza dei pazienti ai piani terapeutici per limitare gli sprechi del Servizio sanitario nazionale. Su quest’ultimo punto il presidente nazionale di Federfarma, Marco Cossolo, ha osservato che “è fondamentale dimostrare alle istituzioni la reale capacità delle farmacie di fornire servizi utili per il Servizio sanitario nazionale. Ad esempio, in Italia su una spesa di 19 miliardi di euro per farmaci distribuiti in convenzione, il 60% è usato male dai pazienti, in difformità dalla prescrizione del medico: questo è uno spreco enorme e solo il controllo del farmacista in sinergia col medico curante può fermarlo”. Serve, dunque, “una nuova cultura – ha ribadito Cossolo - . Noi ci opponiamo ai capitali che creeranno concentrazioni di farmacie. Il farmacista che vuole restare indipendente ha una sola via: aderire alla ‘Rete nazionale di protezione’. Ciò gli consentirà di tornare al banco per seguire esclusivamente il rapporto col cliente sapendo che alle questioni organizzative e burocratiche ci pensa alle sue spalle un sistema nazionale capace di farlo bene in una logica manageriale che garantisca il posizionamento strategico della farmacia nel mercato senza svilirne la libertà, i valori e la centralità della salute del paziente”. Silvia Pagliacci, presidente nazionale del Sunifar, il sindacato delle 6.500 farmacie rurali, ha concluso: “A causa della legge 124, le farmacie rurali, se da un lato non saranno oggetto d’attenzione dei capitali speculativi perché non redditizie, dall’altro vedranno i propri clienti attratti e fagocitati dalla concorrenza delle promozioni lanciate dalle concentrazioni di farmacie nei grandi centri abitati. Di questo passo saremo costretti a consegnare le chiavi ai sindaci. La politica, che dice che la farmacia di comunità è l’ultimo presidio dello Stato rimasto nei piccolissimi centri, deve anche crederci davvero e sostenerci. La legge sui piccoli borghi è una buona base di partenza. Ma occorre anche aumentare l’indennità, fare arrivare i farmaci due volte al giorno, non fare andare via i medici dai paesini, integrarci con i presìdi sanitari più lontani perché i nostri servizi possono anche salvare vite umane. Come Federfarma e Sunifar abbiamo messo a disposizione una polizza che, in caso di farmacista solo che si ammala, eroga una diaria giornaliera per pagare la sostituzione. Governo e Parlamento facciano il resto”.