PALERMO. «Padre Pino Puglisi è stato un figlio coraggioso della Chiesa che parla e che non sta in silenzio, di una Chiesa che non si inchina davanti a nessuno, ma che si inginocchia solo davanti al crocifisso e ai poveri e ci ha lasciato una preziosa eredità civile: con la mafia non si convive. Fra la mafia e il Vangelo non può esserci alcuna convivenza o tantomeno connivenza. Non può esserci alcun contatto né alcun deprecabile inchino». È uno dei passaggi dell’omelia pronunciata a Brancaccio dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), nel corso di una veglia organizzata dall’Arcidiocesi per ricordare il beato ucciso da cosa nostra il 15 settembre di 24 anni fa, nel giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno. «So bene che le organizzazioni criminali per realizzare i loro progetti - ha proseguito Bassetti - creano un clima di paura che sfrutta la miseria, la disperazione sociale e l'assenza della certezza del diritto. Per questo è assolutamente necessaria una presenza forte dello Stato, autorevole e soprattutto educativa. Chi è un discepolo di Cristo è tenuto a denunciare le tenebre, quindi le organizzazioni criminali, con le parole, con i gesti, con la testimonianza, ma anche rivolgendosi alle forze dell’ordine e alla magistratura». L’arcivescovo ha poi messo in guardia dal «rischio di trasformare il beato Puglisi in un santino, un nome da richiamare qualche volta magari per sentirci con la coscienza a posto». Bassetti ha conosciuto personalmente padre Puglisi, «una persona apparentemente fragile, ma era un gigante della fede. Percorreva altre strade rispetto a tutti noi - ha detto - i giovani erano il suo tesoro. In una terra di miseria e disoccupazione, Puglisi intuì, come don Milani, che era fondamentale fornire dignità ai poveri partendo dall’educazione. Abitava la frontiera senza paura, smascherando ciò che si celava dietro al codice d’onore mafioso»