PALERMO. «Il 'mio' procuratore». Vincenzo Geraci, oggi procuratore generale aggiunto alla Cassazione, definisce così Gaetano Costa, il capo della procura di Palermo assassinato dalla mafia il 6 agosto di 37 anni fa nel capoluogo siciliano, in via Cavour, il pomeriggio del suo ultimo giorno di lavoro, prima delle ferie, mentre sbirciava i libri di una bancarella per trovare qualche volume da portare con sé per le vacanze. Non aveva scorta, era previsto che gliela dessero il giorno dopo il suo assassinio, rimasto tutt'ora impunito. Stamane, davanti alla lapide che lo ricorda, s' è svolta la commemorazione del magistrato che da solo, poco prima di venire assassinato, firmò la convalida di oltre 50 ordine d’arresto per altrettanti mafiosi, sfidando i propri sostituti che si rifiutarono - con l’eccezione di Geraci - di condividere la decisione di Costa.
«Mi fu maestro ed amico - ha detto Geraci durante la messa che si è svolta come ogni anno nella chiesa di San Giovanni dei Napoletani - Vestendo di incisività la sua proverbiale sobrietà, seppe rilanciare l’azione della Procura, all’insegna dei principi costituzionali di legalità e uguaglianza. A lui il Paese deve gratitudine per l’esemplare sacrificio che la consapevolezza del suo ufficio gli fece affrontare in severa e tranquilla solitudine».
Alla cerimonia, oltre ai familiari di Costa - assente il figlio Michele per ragioni di salute - c'erano autorità civili e militari, rappresentanti del governo regionale e del Comune di Palermo.
«Nello scrivere i miei «ricordi di mafia» è riaffiorato, nella memoria, un episodio curioso. Era il 1980, ed ero impegnato nelle indagini sull'omicidio Mattarella: in città c'era un clima tesissimo», ricorda il presidente del Senato Piero Grasso.
«Mi telefonò l’allora procuratore di Palermo, Gaetano Costa, un magistrato brillante e stimatissimo per la sua grande professionalità e fermezza:
«So che questa sera siamo alla stessa cena con le rispettive mogli, sarebbe così cortese da passarci a prendere, così non disturbo l’autista?».
Dissi si, senza pensare che avevo una macchina con soli due posti e fui quindi costretto chiederla in prestito a mio cognato. Mentre andavamo, Costa disse a sua moglie: «Ma lo sai quanto rischiamo a stare in macchina col dottor Grasso?. Ci ridemmo su, non potevo certo sapere che poco tempo dopo, il 6 agosto, sarei stato io a piangere sulla sua tomba. Fu ucciso con tre colpi di pistola in via Cavour, mentre sceglieva su una bancarella i libri da portarsi in vacanza».
Immagini di Piero Longo
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