Clochard bruciato vivo a Palermo, il quartiere ancora sotto choc: "Il killer spesso a mensa con lui"
PALERMO. Un quartiere sotto choc. I residenti della zona dei Cappuccini a Palermo stentano a credere a quanto accaduto nella notte tra venerdì e sabato quando un senzatetto di 45 anni, Marcello Cimino, è stato bruciato vivo mentre dormiva sotto il portico della missione San Francesco dei frati cappuccini. A compiere il terribile gesto è stato Giuseppe Pecoraro, 45 anni, che ieri ha confessato il delitto e che è molto conosciuto nella zona. Nessuno poteva immaginare che sarebbe potuto arrivare a compiere un gesto del genere. "La violenza umana non ha limiti, le vere bestie siamo noi, non gli animali - ripete Giovanni Pillitteri, il fiorario della piazza che conosceva da anni Pecoraro - Lavorava qui vicino e non ha mai disturbato nessuno". "E' una persona buona, tranquilla, educata - aggiunge Antonino Giannetto - Aiutava la mensa dei poveri, a volte puliva i vetri. Nessuno poteva immaginare che fosse capace di questo". E’ maturato in un contesto di solitudine e stenti il brutale omicidio di Marcello Cimino, il clochard di 45 anni bruciato vivo mentre dormiva sotto il portico della missione San Francesco dei frati cappuccini, a Palermo, con la scena ripresa da una telecamera di sorveglianza. Pecoraro condivideva spesso con il senzatetto il tempo che entrambi trascorrevano nella mensa della missione, dove il benzinaio si recava quando finiva di lavorare nel distributore di carburante che si trova a poche decine di metri dal refettorio dei cappuccini. Separato anche lui dalla moglie, così come il clochard ucciso, Giuseppe Pecoraro, secondo la ricostruzione degli investigatori, avrebbe intrapreso una relazione con una donna; e non avrebbe sopportato le attenzioni che Cimino rivolgeva alla donna. I due avrebbero avuto alcuni screzi proprio per la gelosia del benzinaio, che due notti fa ha riempito un secchio di liquido infiammabile, lo ha gettato addosso al «rivale» e gli ha dato fuoco. «Giuseppe Pecoraro nel corso dell’interrogatorio era molto confuso e ansioso. Più volte, mentre veniva sentito dagli uomini della Squadra mobile, ha chiesto di potere avere i suoi farmaci che prende abitualmente per una malattia di natura psichiatrica. Non è stato possibile perché sarà il medico del carcere a stabilire se Pecoraro dovrà assumerli», dice l’avvocato Brigida Alaimo che, insieme alla collega Carolina Varchi, assiste Giuseppe Pecoraro. Immagini di Salvatore Militello