PALERMO. La sezione patrimoniale dell’Ufficio Misure di Prevenzione della Questura di Palermo ha eseguito la confisca di ingenti beni patrimoniali, per un valore complessivo di circa 280.000 euro, riconducibili ai fratelli Graviano, boss del mandamento mafioso di Brancaccio. Il provvedimento emesso dalla Corte di Appello di Palermo, riguarda il bar "Sofia", in via Mondini, nel capoluogo siciliano, la società Az Trasporti, a Campobello di Mazara (nel Trapanese) con una sede a Palermo in via Salvatore Cappello.
Il provvedimento di confisca rappresenta l’esito finale di un’ampia attività di indagine, iniziata nel 2009 e conclusasi nel 2011, con un’imponente operazione di polizia condotta dalla Squadra Mobile. chiamata “Araba Fenice”, che ha rappresentato un momento estremamente significativo dell’attività di contrasto a “Cosa Nostra”, in relazione al mandamento mafioso di Brancaccio e che ha portato all’arresto di numerosi esponenti di spicco della mafia palermitana, ritenuti a vario titolo responsabili dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti ed altro.
Nel corso delle indagini si era evidenziata una fitta rete di relazioni tra gli esponenti di vertice del mandamento di Brancaccio, alcuni in contatto con esponenti di spicco della ‘ndrangheta calabrese e quelli di altre famiglie mafiose della città, con la realizzazione di incontri per la definizione di problematiche criminali di comune interesse. Tra gli arrestati spiccava il nome di Nunzia Graviano, sorella di Filippo, Giuseppe e Benedetto Graviano, noti per dei crimini mafiosi, in particolare quello del Beato Pino Puglisi.
Altrettanto rilevanti sono stati gli altri personaggi destinatari del provvedimento di oggi: Salvatore Perlongo, Christian Divano, Antonino Sacco, Benedetto Graviano e soprattutto Cesare Lupo, capo della famiglia mafiosa di Brancaccio, che ha diretto e pianificato i progetti finalizzati alla realizzazione degli affari criminali. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, Lupo "prestava attività lavorativa, almeno formalmente, alle dipendenze della Az Trasporti, azienda in via Salvatore Cappello, che si occupava di spedizione e consegna merci". Gli uffici della società, oggi definitivamente confiscata, in realtà, secondo le indagini, costituivano la sua base operativa ed in quei locali Lupo riceveva i vari consociati, con i quali discuteva gli argomenti utili per il buon andamento degli affari illeciti.
Anche il bar Sofia, attività commerciale era riconducibile sostanzialmente a Lupo e Sacco, e quindi agli interessi della cosca, nonostante la titolarità formale fosse di Salvatore Perlongo, che sarebbe stato un "semplice prestanome" dei mafiosi.
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