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A Palermo ricordato il delitto Costa: "Assediato da ostilità e solitudine"

PALERMO. Un magistrato che aveva intuito i traffici finanziari della mafia e che si è scontrato con diffuse ostilità ambientali. Questo era, nella testimonianza di tanti, il procuratore Gaetano Costa, ricordato oggi a Palermo a 36 anni dalla sua uccisione. Davanti alla lapide che in via Cavour ricorda il delitto si sono ritrovati la nuora Ersilia Maira, il nipote Gaetano, il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone, il sindaco Leoluca Orlando, il questore Guido Longo, il comandante provinciale dei carabinieri Giuseppe De Riggi, i comandanti delle altre forze di polizia.

Assente per la prima volta, per una indisposizione, il figlio di Costa, Michele, che ieri aveva polemizzato con la Procura di Caltanissetta perché, a suo giudizio, non avrebbe sviluppato alcune indicazioni di Massimo Ciancimino. Il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo aveva suffragato la tesi che Costa non fosse stato ucciso solo per avere firmato in prima persona la convalida degli arresti di 55 esponenti del clan Spatola-Inzerillo-Gambino.

Il figlio del procuratore ha ribadito l'autonomia del padre, assediato da ostilità e solitudine, rispetto ai suoi sostituti che poteva "risultare assolutamente pericolosa" per le sue indagini sui "colletti bianchi". Tra i sostituti di Costa solo uno, Vincenzo Geraci, si schierò con il procuratore per la convalida degli arresti. Geraci, oggi procuratore aggiunto in Cassazione, ha mandato un messaggio, letto durante la messa nella chiesa di San Giovanni dei Napoletani.

L'alto magistrato ricorda l'impulso che Costa diede "alla Procura della Repubblica di Palermo, rilanciandone l'azione in anni difficili all'insegna dei principi costituzionali di legalità e uguaglianza". "A lui - aggiunge Geraci - il Paese deve gratitudine per l'esemplare sacrificio che la consapevolezza del suo ufficio gli fece affrontare in severa e tranquilla solitudine".

immagini di Marcella Chirchio

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