PALERMO. Un volto stanco, dimagrito, ma rigenerato, con gli occhi pieni di rinnovata forza necessaria a portare avanti la battaglia per i poveri. Ha visto di tutto Biagio Conte in tre mesi e dieci giorni di cammino con la croce sulle spalle attraverso le regioni del meridione d’Italia. Ha visto miseria e arroganza, ha conosciuto la generosità imprevedibile di nomadi e migranti e l’indifferenza anche di uomini di chiesa. Ha sopportato umiliazioni e porte in faccia, ma ha anche trovato (e sono state più numerose) braccia accoglienti e tavole pronte ad aggiungere due posti in più, senza pensarci. Il fondatore della missione Speranza e Carità è tornato a casa domenica scorsa, dopo un incontro con papa Francesco, ed è un fiume in piena. «Palermo e la Sicilia hanno mille problemi, ma una rete di solidarietà eccezionale. Il modello della missione va esportato in ogni paese, in ogni città, in ogni regione, dovunque ci sono strutture vuote che potrebbero diventare case di accoglienza per chi non ha nulla» racconta, mentre tutti a Palermo, gli fanno festa. «È stato un sacrificio per migliorare questa società, per lavorare per il bene comune, che significa comunione, fratellanza, solidarietà, aiuto reciproco – aggiunge fratel Biagio -. Anche la violenza che c’è nel mondo ci dice che abbiamo fatto un errore: il male ha la meglio se ci allontaniamo da Dio; dobbiamo tornare a Dio e al nostro prossimo, per donare. La via della pace è l'unica strada, bisogna convertire le armi in strumenti di lavoro». Anche Csaba, originario di Budapest, ma da dieci anni alla missione, è tornato a casa, dopo avere accompagnato Biagio in questa «penitenza forte» dice con gli occhi che brillano di ricordi. Ecco l'intervista video Immagini di Marcella Chirchio