PALERMO. "Cosa nostra mutua le regole che disciplinano le elezioni dei capi dei clan dal sistema politico. Lo dicono esplicitamente in una intercettazione, si usa proprio l'espressione 'come le fanno i politici'". Così il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi commenta il ritorno di Cosa nostra alle elezioni per designare i suoi capi, circostanza emersa dall'indagine dei carabinieri che oggi ha portato a sei fermi. Dalle intercettazioni viene fuori che gli affiliati votano a scrutinio palese. "Ad alzata di mano, per vedere l'amico", dicono i boss, contrariamente al passato in cui si ricorreva alle urne. Le elezioni riguardano solo le cariche di capofamiglia e consigliere, per i ruoli minori la parola spetta al capofamiglia che designa i propri collaboratori a proprio giudizio insindacabile. "Questa indagine - ha spiegato Lo Voi - è straordinaria in quanto i mafiosi intercettati parlano delle proprie regole e della propria organizzazione ed anche della propria storia". Il riferimento è alla conversazione in cui il capo storico della famiglia di Santa Maria di Gesù, Stefano Bontate, viene definito "il principe". Commentando l'assassinio di Bontate i mafiosi dicono "il generale non ne ha mai vinto guerre senza soldati" sottolineando il tradimento subito dal boss che vide i suoi stessi collaboratori schierarsi con i mafiosi nemici, i corleonesi di Totò Riina. "Il boss è definito 'principale'". ''Le intercettazioni effettuate nel corso di questa indagine danno un contributo eccezionale alla ricostruzione dell'organizzazione di Cosa nostra, confermando quanto finora era stato detto solo dai collaboratori di giustizia". A parlare di "intercettazioni straordinarie" è il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, che ha illustrato i particolari dell'indagine dei carabinieri ch oggi hanno fermato sei esponenti del clan mafioso palermitano di Santa Maria di Gesù. "Piu volte nei discorsi - ha detto il procuratore - viene fuori l'obbligo di obbedienza al capo che viene definito 'principale'". Attraverso le cimici, ascoltando le conversazioni dei boss, gli investigatori hanno trovato conferma agli schemi organizzativi dei clan e individuando esecutori, mandanti e movente di un omicidio. "Nelle intercettazioni - ha aggiunto Lo Voi - i mafiosi operano un autoriconoscimento della loro appartenenza a cosa nostra, del territorio e delle regole che restano immutate". Dall'inchiesta emerge la suddivisione in mandamenti e famiglie e il ruolo del capo, nominato elettivamente, del sottocapo, designato dal capo e, in caso di bisogno, del reggente. immagini di Marco Gullà