PALERMO. Lacrime e applausi. Sono le 18,40 in punto quando, indossati mitra e anello e impugnato il bastone pastorale dal suo predecessore, monsignor Corrado Lorefice si siede sulla cattedra di San Mamiliano, accompagnato da un lunghissimo e caldo applauso. E la gente batte le mani ancora più forte quando sui tanti schermi distribuiti in Cattedrale scorrono le immagini del volto del nuovo pastore rigate di lacrime. Palermo ha il suo nuovo arcivescovo, i suoi occhi chiari si sono commossi tantissime volte ieri. Chi lo conosce lo sa: non sa di certo nascondere le emozioni e forse proprio per questo la città ha già imparato a volergli bene. Ma un sorriso solare torna a illuminare il suo volto, quando attraversa la Cattedrale per benedire il suo popolo. Quanti pensieri pochi minuti prima, disteso sul pavimento di marmo, mentre l'assemblea canta la litania dei santi, prima di ricevere l'ordinazione episcopale e diventare il nuovo pastore dell'antica Chiesa palermitana. Tutta la sua vita di sacerdote, figlio, fratello, amico passa per la mente di monsignor Corrado Lorefice, in quei minuti di preghiera e raccoglimento che la liturgia di insediamento gli concedono, dopo ore di emozioni indescrivibili, di lacrime, di timore, di carezze e baci dispensati con generosità a ogni passo percorso. Appena entra in Cattedrale si ferma quasi a ogni panca. La chiesa è gremita in ogni angolo. Ma Lorefice ha un saluto per tutti. Ci sono i suoi amici della diocesi di Noto, i suoi ex parrocchiani di San Pietro a Modica, ci sono vecchi compagni di scuola e professori, ci sono gli operatori pastorali di Palermo, ci sono in prima fila i rappresentanti di tutte le fedi religiose, con cui si ferma per un abbraccio e un saluto per alcuni minuti, mentre le centinaia di sacerdoti e vescovi prendono posto nell'abside gremita come nelle grandi occasioni. E poi c'è la sua famiglia al completo, gli anziani genitori, i fratelli e i nipoti. immagini di Marcella Chirchio