Una giustizia civile rapida può essere equa? Le riforme introdotte dal legislatore garantiscono un giusto processo? Sull'annoso binomio 'celerità e giustizia' nel processo civile ne hanno discusso oggi, all'interno dell'aula Magna della Corte di Appello di Palermo, importanti rappresentanti del mondo giuridico: Pietro Manzella, presidente della Camera civile di Palermo; Vincenzo Olivieri, presidente della Corte di appello di Palermo; Francesco Greco, presidente del Consiglio dell'ordine degli avvocati di Palermo; Girolamo Monteleone, professore di Diritto processuale civile all'Università di Palermo; Augusto Chizzini, docente di Diritto processuale civile alla Cattolica di Milano; Matteo Frasca, presidente Corte d'Appello di Palermo -- sezione Lavoro. Il problema sembrerebbe proprio quel sistema di norme introdotte dal legislatore negli ultimi anni (mediazione obbligatoria, contributo unificato, filtro d'appello, ndr) -- come spiegato dall'avv. Pietro Manzella -- che non ha prodotto una riduzione dei tempi del processo, ma generato confusione e affollamento», provocando una congestione del sistema giudiziario con norme spesso inaccettabili e di dubbia legittimità costituzionale. È il caso del 'filtro d'Appello' (articoli 348-bis e 348-ter del codice di procedura civile, introdotti dal Decreto Sviluppo del 2012) che, al fine di ridurre il numero di processi, stabilisce la 'ragionevole probabilità' di accoglimento di un ricorso, affidando arbitrariamente questo compito agli stessi magistrati della Corte d'Appello, senza però che la norma stabilisca dei criteri precisi in merito. Si sono, inoltre, ripercorsi gli effetti delle recenti riforme processuali sulla professione forense. Il bilancio è quello di un sistema ingolfato sia dall'elevato numero di procedimenti giudiziari pendenti che da quelli nuovi: «Ogni anno negli uffici giudiziari di tutto il distretto della Corte di Appello di Palermo -- ha spiegato Olivieri -- giungono 115 mila processi, a cui si aggiungono quelli arretrati. I giudici sono pochi e non riescono a smaltirli. Il legislatore sta cercando di aggredire l'arretrato con l'immissione dei giudici ausiliari». A stabilirlo è stato il Decreto del Fare del governo Letta, con la creazione di una task force di 400 giudici da distribuire tra le varie Corti d'appello in Italia: a Palermo dovrebbero essere 12 i giudici ausiliari. Intanto i dati sul distretto di Palermo, come nel resto d'Italia, evidenziano sì un'esasperante lentezza giudiziaria, come si evince dalle statistiche fornite dal Ministero della giustizia, Direzione generale di statistica (nel triennio 2008-2010): la durata media effettiva dei procedimenti definiti con sentenza in Corte d'appello nel 2010 è di 1.166 giorni (in aumento rispetto al 2008: 1.087 giorni); mentre nel Tribunale ordinario è di 1.030 giorni (in diminuzione rispetto al 2008: 1.117 giorni). La strada da percorrere, secondo quanto discusso durante il convegno, potrebbe essere quella di favorire una più stretta collaborazione tra avvocatura e magistratura, le due gambe del sistema, per riordinare il pianeta giustizia: investimenti operativi, misure alternative, unificazione dei riti, e specializzazione del magistrato. Intanto due giorni fa a Palermo è stato firmato un protocollo per inviare telematicamente una parte degli atti processuali, che sarà attivo da febbraio 2014 (servizio di Rossella Puccio).