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Viaggio nella Palermo dell'ordinanza anti-movida

La musica è finita. Passata la mezzanotte i locali cominciano a svuotarsi, c'è chi, addirittura, è costretto a calare la saracinesca e andare a casa con un incasso magro; ed è così da giorni, da quando insomma è entrata in vigore, quella che è stata ribattezzata, l'ordinanza anti-movida varata dal Comune di Palermo (in forza dalla mezzanotte del 31 maggio sino al 30 settembre 2013). «Il carattere restrittivo di questo provvedimento rischia di far chiudere molti locali», lo ribadiscono durante un incontro al nono piano della Camera di Commercio, Tiziana Zappulla, membro di Fipe Palermo (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) e gestore di uno storico locale, il Gustosita; e Antonio Ferrante, presidente di Efatà. L'obiettivo dell'Amministrazione, si legge nel documento, è quello di « favorire la vivibilità della città in particolare nelle zone che, in questi ultimi anni, hanno subito una deregulation nella gestione degli spazi»; dunque favorire un giusto grado di vivibilità ai residenti, in particolare quelli del centro storico e delle cosiddette 'zone calde' in cui si concentra la movida palermitana, che spesso hanno sollevato il problema della quiete pubblica. «L'Amministrazione ‒ spiegano i gestori dei locali che hanno preso parte all'incontro alla Camera di Commercio e che si erano già riuniti, lo scorso tre giugno, al ristorante pub 'Ricovero' di piazza Leoni ‒ non ha però tenuto conto degli effetti reali che questo provvedimento poteva produrre, e ha prodotto, all'economia di questa città e a chi con difficoltà cerca di creare reddito per andare avanti in un periodo di crisi». Raccontano come a pochi giorni dalla sua applicazione questa ordinanza sia calata come una scure sugli incassi mettendo con le spalle al muro un settore che ha dovuto affrontare già molte difficoltà, tra le quali il crescente abusivismo che, paradossalmente, potrebbe trovare 'nuovi clienti' a causa proprio dei regolamenti imposti: spenta la musica (dopo la mezzanotte nei giorni lavorativi e l'una nei festivi, così è stabilito) i clienti abbandonano i locali silenziosi, se piccoli quel silenzio diventa ancora più 'ingombrante', e si spostano proprio in quelle 'zone calde' come Vucciria, Magione, Ballarò, Piazza Sant'Anna, in cui regnano gli abusivi, la musica ad alto volume, le bevande servite in vetro (divieto imposto dalla delibera) e pure a basso costo. La musica, che è l'elemento al centro del dibattito tra gestori dei locali e Amministrazione, in queste zone non solo continua sino a notte tarda, ma non rispetta certamente il limite dei decibel imposto dalla norma: «70 (dB) fino alle ore 22,00 ed i 60 (dB) dalle ore 22,00». Un limite di emissione che molti definiscono assurdo perché per sforarlo basta appena il chiacchiericcio di un gruppo folto di persone o un live acustico, senza neppure amplificazione, come dimostrato all'interno del locale Il Siciliano dai Bottega Retrò, alias Cocò Gulotta e Al di Rosa. Ad appena pochi giorni dall'applicazione, la musica si è davvero spenta, i piccoli concerti live sono stati in gran parte annullati, colpendo un indotto che diventa sempre più grande: «artisti, fornitori, agenzie di spettacolo e tanto altro...» ricorda Rosi Gambino, proprietaria del Tao Cube, piccolo locale al centro che rischia di chiudere. A lamentarsi anche i clienti, preoccupati da un'estate che a causa della crisi in molti trascorreranno in città, e che potrebbe proprio per queste ragioni offrire poco. Il risultato è una spaccatura sempre più profonda in cui i malumori rischiano di diventare scontri, e non solo tra Amministrazione e commercianti, che hanno ribadito la volontà a costituirsi in comitato o individuare un soggetto unico, potrebbe essere Fipe, che riesca a dialogare concretamente con il Sindaco e la Giunta per rettificare l'ordinanza e individuare delle disposizioni che regolino sì l'attività dei locali notturni senza però comprometterli. L'altro aspetto, più preoccupante, sono le ritorsioni che alcuni venditori abusivi potrebbero muovere verso chi è in regola, sentendosi attaccati e pur non essendolo direttamente, da chi invece cerca soltanto di difendere il proprio posto di lavoro (servizio di Rossella Puccio).

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