È uno dei più grandi compositori del novecento, ma soprattutto il suo migliore amico. Con il documentario che ha cucito su di lui, Giuseppe Tornatore, ha conquistato gli occhi e il cuore del pubblico, riempiendo le sale. Ma Ennio non è soltanto un film che racconta la vita di un Maestro della musica, che ha rivoluzionato la storia del cinema. È la storia di un'amicizia speciale, durata più di 30 anni.
“È stato un lavoro molto particolare per me – racconta Giuseppe Tornatore ai microfoni di Gds.it - con Ennio c'era un rapporto molto particolare che va oltre al rapporto che può esserci tra un regista e l'argomento che sceglie di raccontare in un film”. Nel pomeriggio di oggi (26 aprile) una proiezione speciale e l'incontro, al cinema Rouge et Noir, con il regista bagherese organizzato dal Dipartimento di scienze umanistiche dell'Università degli studi di Palermo.
“Sapevo che Morricone non amasse stare davanti alla macchina da presa – spiega - Si innervosiva, si irrigidiva. Spesso i giornalisti televisivi pongono domande esigendo risposte sintetiche hanno bisogno di tempi brevi e questa cosa lo indisponeva. Quindi non era mai naturale”. Quando Ennio raccontava gli aneddoti a Tornatore era invece affascinante, ironico. “Per metterlo a suo agio dovevo recuperare quel clima. Per fare questo ho cercato di non avere limiti di tempo, gli ho detto che la nostra intervista poteva durare anche mesi. L'importante era che raccontasse le cose a modo suo”.
L'intervista di fatto durò undici giorni. Nove consecutivi più due. “Ha funzionato – sorride Tornatore - Ennio è stato molto generoso. Si è messo a nudo nel raccontarsi e questo atteggiamento che lui ha assunto spiega la chimica particolare che il film poi ha rivelato nel suo rapporto con il pubblico”. E' l'empatia, la semplicità con cui Morricone si racconta all'amico regista il segreto del successo di questo documentario.
“Ennio aveva un rapporto molto forte con la Sicilia attraverso la musica – rivela il regista bagherese – lui amava la musica siciliana. Aveva un rapporto con lo stile siciliano di estrazione classica, non folcloristico. Certe volte mi faceva ascoltare delle cose che per me di siciliano non avevano nulla, anche Bach aveva scritto qualcosa di siciliano che non era folcloristico”.
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