Secondo il Pitrè «ciascun monastero aveva una piatta, un manicaretto, ch’era il suo distintivo. Giacché, non pur l’emblema in marmo o in legno sulla porta del monastero formava il blasone di esso, ma anche il dolce speciale solito a farsi nel monastero medesimo». Così se cercavi le feddi andavi dalle monache del Gran Cancelliere, se avevi voglia di riso dolce ti ritrovavi tra le basiliane del Santissimo Salvatore, per le conserve di scursunera raggiungevi il Montevergini e per la pasta di mandorla, ovviamente, la Martorana. Ma se per caso ti volevi tuffare nel latte dolce e morbido, quasi una carezza profumata, il Biancomangiare, allora era un obbligo andare all’Immacolata Concezione, dove ci scappava anche qualche «moscardino».
Insomma, per approfondire il cuore degli antichi monasteri di Palermo, bisogna partire dalla gola. O arrivarci e chiudere in bellezza. È quello che succederà domenica 11 dicembre alle 18, quando aprirà le porte la splendida chiesa dell’Immacolata Concezione, cuore maestoso del Capo che la custodisce come un gioiello da tenere segreto. Per raggiungerla, infatti, si devono schivare le bancarelle (che domenica sera saranno silenti e addormentate), ma alla fine lo spettacolo ripagherà la fatica. Tutto è nato dalla voglia di fare dei giovani volontari del servizio civile - Giulia e Giorgia Quartararo, Roberta d’Agostino e Gianluca Geraci - che hanno studiato a fondo la storia della chiesa, una delle più belle della città, e l’hanno calata prima tra le abitudini delle monache (che non ci sono più), e poi nelle vicende del quartiere.
Ecco quindi venir fuori un racconto in tre diversi capitoli che sarà inframmezzato da arie e brani cantati da Rita Prestigiacomo che ha scelto, visto il periodo, l’Ave Maria interpretata da Céline Dion e alcuni pezzi tradizionali natalizi. La visita si chiuderà con la degustazione finale del biancomangiare preparato dagli stessi ragazzi (la ricetta è stata trovata proprio in un volume sui dolci preparati dalle monache), il biglietto costa 4 euro.
«L’idea è nata proprio dai quattro ragazzi del servizio civile. In un primo tempo avevano pensato ad un presepe vivente, ma poi hanno voluto studiare a fondo la storia della chiesa e hanno trovato una chiave particolare e curiosa nella vita del monastero. Padre Bucaro, che segue e controlla le attività nelle chiese, è molto contento di queste iniziative», spiega il tutor Giacomo Cangialosi. La chiesa dell’Immacolata Concezione è uno spettacolo di statue e stucchi.
«I ragazzi si sono messi in gioco per far conoscere questa chiesa che è bellissima – è contento il parroco, don Pino Pomi -, hanno fatto delle ricerche e faranno rivivere gli anni in cui c’erano ancora le monache benedettine. È anche un modo di offrire un momento culturale all’intero quartiere».
Il racconto, che i giovani hanno tratto da scritti di storici dell’arte e di studiosi della città, si snoderà tra i complessi virtuosismi barocchi della chiesa, assolutamente una scoperta visto che nulla dell’austera facciata fa presagire l’interno, tra marmi mischi, stucchi, pitture, statue e colonne tortili in marmo rosso, la grande tela di Pietro Novelli.
L’Immacolata Concezione fu costruita tra il 1604 e il 1612 (ci vollero anni e l’enorme somma di ottanta mila scudi d’oro), e in origine era annessa al monastero benedettino, fondato trent’anni prima da donna Laura Imbarbara, moglie di don Sigismondo Ventimiglia. Il monastero oggi non esiste più: fu spazzato via nel 1932 con il bastione d’Aragona per far posto alla costruzione del nuovo Palazzo di Giustizia.
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