Palermo

Lunedì 19 Maggio 2025

Esce di scena uno dei grandi della Formula 1: addio a Ciccio di Cefalù, faceva le scarpe dei piloti

 
 
 
 
 

La sua uscita di scena, come ogni grande attore, l’aveva fatta con largo anticipo. Consegnando all’eternità minima dei fanatici di storie dell’automobilismo parole che adesso suonano come un consiglio valido per tutti, un segreto buono non tanto per affrontare la vita ma abbastanza per inseguire i risultati che la rendono meno amara malgrado le difficoltà. «Non pensate a me con tristezza, sappiate che sono un uomo felice perché ho realizzato il mio sogno: entrare a far parte del mondo delle corse, quello che ho sempre amato. Conoscere e diventare amico di tanti piloti, diventare un fornitore della Scuderia Ferrari, e persino raggiungere una certa notorietà in tutto il mondo»: questo disse Ciccio da Cefalù un anno fa, era il 20 gennaio del 2022, abbassando, per sempre la saracinesca del suo negozio sul lungomare. Lì, dove si erano fermati i più grandi, rigorosamente a piedi nudi, come fosse un segno di rispetto verso chi consideravano alla propria altezza. E quella lettera di addio al suo mestiere, alla passione che ha reso celebre la sua vita, appare oggi come l’inchino dell’attore davanti al suo pubblico mentre cala il sipario e si sentono gli ultimi applausi. Ciccio da Cefalù, l’inventore delle scarpe per correre in auto, è morto oggi pomeriggio a 87 anni. E ora che non c’è più sembra di sentire ancora quel filo di voce che al telefono fino agli ultimi giorni raccontava con estrema precisione le storie dei piloti. Sempre partendo dai loro piedi: «Mario Andretti? Il 43. E Lauda? Il 41. Sa, i piloti hanno tutti dei piedi piccoli, difficile che qualcuno avesse più del 43. A parte Vic, ma quella è un’altra storia…». Ricordava ancora a memoria il numero di piede di tutti i campioni del volante a cui ha fatto le scarpe. Che poi, scarpe… Quello che Ciccio, per tutti così, ha fatto è stato inventare qualcosa di nuovo, pensato in modo specifico per i piloti. Per gente che rischiava la vita a oltre 200 all’ora fra le strade di paese della Targa Florio o a oltre 300 orari nelle piste di Formula 1. E le sue scarpe funzionavano così bene che non ci fu pilota degli anni romantici dell’automobilismo che non ne avesse ordinato almeno qualche paio. E fino all’ultimo, nel momento in cui aveva chiuso la sua bottega, erano continuati ad arrivare ordini da tutto il mondo. Anche se un paio di scarpe da corsa, ispirate al suo primo modello, si trova ormai ovunque. Ma quelle scarpe, quelle di Ciccio da Cefalù, hanno un’anima oltre che una storia. Fu Ignazio Giunti a chiedergli di realizzarle. Era il 1967, Ciccio realizzava scarpe da decenni («Ho iniziato nella bottega dello zio quando avevo meno di 10 anni»), quando nel suo negozio si presenta Ignazio Giunti. Era pronto a guidare l’Alfa 33 alla Targa e gli chiese un paio di scarpe speciali. Ciccio le realizzò, pensando da pilota: pianta larga e piatta per star comodi e pigiare meglio sui pedali, lacci alti per regolare meglio la chiusura e poi il cuoio incollato. Per la verità questa, e solo questa, fu l’unica cosa a cambiare nel tempo: il calore dei motori a volte squagliava la colla, meglio cucirle. E così quel modello che mandò in soffitta le scarpe di tutti i giorni a bordo dei bolidi è arrivato fino ai giorni nostri. Ciccio avrebbe lavorato ancora, anche in questi mesi in cui la bottega non c’era più. Ma era stanco, indebolito dal morbo di Parkinson: «È tempo che mi dedichi a me, alla mia famiglia», disse un anno fa mentre il sipario sulla sua vita pubblica stava calando. E in quel momento non volle rinunciare a un messaggio di speranza: «Non pensate a me con tristezza. Sono un uomo felice perché ho realizzato il sogno di entrare a far parte del mondo delle corse». In realtà ha fatto molto di più. Le scarpe che ha inventato hanno convinto Enzo Ferrari a farlo diventare fornitore ufficiale di Maranello per anni. La sua fama è arrivata a Hollywood e la Porsche, appena 5 anni fa, per presentare la sua nuova macchina, ha girato lo spot in Sicilia, trasformando quel mini film in un omaggio a lui e alle sue scarpe. Racconta chi lo ha incontrato anche in questi ultimi mesi che Ciccio continuava a pensare a quell’età dell’oro di cui è stato protagonista. E per questo continuava a ringraziare Giunti, Nanni Galli, Geki Russo. E poi Vic. Che di cognome fa Elford e si aggiudicò la Targa del 1968: aveva sentito parlare da Giunti di quelle scarpe e pochi giorni prima del via si presentò in bottega da Ciccio. Gli mancava l’alluce sinistro e chiese un paio di scarpe asimmetriche. Con cui vinse. Si sparse la voce che quelle scarpe portassero anche fortuna. Tutti le vollero. Ickx, Reutemann, Fittipaldi, Regazzoni, Arnoux, Merzario. E ora che questi nomi scivolano via come su un almanacco resta un senso di velocità sofferta. È il tempo che è andato troppo veloce. E che si è portato via in un anno o poco più Vaccarella, Vic Elford e ora Ciccio. Certo, bisogna avere l’animo un po’ romantico per individuare i punti che mettono insieme il destino comune di questi eroi. E forse non bisogna essere neppure tanto romantici per cogliere quel sapore agrodolce di nostalgia che arriva immediato quando camminando sul lungomare di Cefalù si scorge una pasticceria lì dove per anni c’è stata la bottega di Ciccio, meta di campioni da tutto il mondo. È il tempo che si fa storia. Anche se Ciccio continuava a raccontarla come una favola: “«a una cosa? Niki con le mie scarpe vinse un mondiale. E quando è morto ha voluto essere seppellito con la tuta della Ferrari e le mie scarpe». Peccato che il tempo corra così in fretta, Ciccio. In fondo, troppo più veloce delle auto. Nelle foto della gallery Ciccio Liberto nella sua bottega di Cefalù

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