«Caro Nino, hai già incontrato i tuoi amici Lorenzo e Ludovico?»: le parole rimbalzano da un tempo lontano, più che da un luogo che dista migliaia di chilometri da Palermo. Si fanno strada fra milioni di altre parole racchiuse in lettere, ricordi, pensieri che da giorni sparge chi gli ha voluto bene. E fanno breccia nel silenzio che scende dopo ogni funerale. Margherita Bandini ha salutato così Vaccarella, mettendo insieme un dolore antico e le gioie di un’epoca che il pilota palermitano ha portato definitivamente via con sé.
Margherita è la moglie di Lorenzo. Una che dal dolore non si è fatta piegare, pur non avendo mai fatto finta di non soffrire. Lorenzo era un pilota come Nino. Venuto dal basso, meccanico prima ancora che alfiere della Ferrari. Una faccia da bravo ragazzo di cui una giovane Margherita si innamorò, notandola nell’officina del padre. Negli stessi anni in cui Vaccarella comperava da solo, senza sponsor, una Lancia Aurelia per iniziare a correre in salita.
Poi Lorenzo e Nino hanno condiviso momenti epici della Ferrari. Ce ne sono due in particolare. Nel 1964, molto prima di quanto non racconti il film hollywoodiano ambientato nel ’66, la Ford decise di provare a umiliare la Ferrari dopo essere stata schiaffeggiata dal Drake nella trattativa per l’acquisto del Cavallino. Quella del 1964 fu la sfida vera fra il colosso di americano e la Ferrari. Ed Enzo affidò le sue macchine a Bandini e a Vaccarella. Lorenzo finì terzo, Nino primo. La Ferrari non si piegò al potere dei dollari, né sui mercati né in pista. Ecco da cosa nasce quella medaglia, col Cavallino e la data del 1964, che Vaccarella portava sempre al collo: un dono di Ferrari dopo quell’annata magica.
Erano anni ruggenti. L’anno dopo Lorenzo e Nino erano in coppia al via della Targa Florio su una Ferrari, la P2, evoluzione di quella di Le Mans. E fu la prima vittoria insieme. Margherita e Nino divennero amici. E condivisero l’amicizia con Ludovico Scarfiotti, giovane rampollo di buona famiglia, parente degli Agnelli, anche lui col demone delle corse. A Le Mans, nel ’64, c’era anche lui su un’altra Ferrari. E Ludovico, per dirne una, è ancora l’ultimo italiano ad aver vinto a Monza, nel ‘66 .
Erano belli, giovani, vincenti, amici. Erano l’Italia che andava veloce verso il progresso, il futuro, la vita da prendere in mano e condurre dove vuoi. Mai farsi trascinare, spingere sempre l’acceleratore. Questo erano e l’Italia sognatrice si rivedeva in loro.
Margherita è stata al fianco di tutti e tre. A modo suo. Ha visto morire Lorenzo nel 1967 nel rogo di Montecarlo. L’anno dopo è andato via Scarfiotti. Lei ha pianto, ha pregato, ha ricominciato a vivere a poco a poco senza mai rinnegare quel mondo. Con Nino Vaccarella un’amicizia andata avanti per decenni. Si erano visti l’ultima volta a Collesano nel 2017 per una commemorazione di Bandini organizzata dal tenutario del museo della Targa. Si abbracciarono, parlarono per ore della vita ai box, dell’attesa delle gare, della fatica di convivere con il rischio della morte. Ma anche della vita che c’è dopo le gare, dopo le tragedie. Una lezione per tutti.
Ora Margherita ha saputo che anche Nino Vaccarella ha finito la sua corsa. Avrebbe voluto esserci al suo funerale. Ma non è riuscita ad arrivare a Palermo. E allora poche righe, ogni parola scelta con cura dal vocabolario del cuore: «Caro Nino, te ne sei andato anche tu. Lassù hai già incontrato i tuoi amici Lorenzo e Ludovico? Arrivando lassù sei tornato bello e giovane come Bandini e Scarfiotti? Nei nostri cuori resterete sempre i tre moschettieri. Ma quanto eravate belli. Ognuno di voi tre è stato amato dalle proprie donne. Ciao caro Nino. Un bacio a te, un abbraccio a Giovanni».
Non è solo un messaggio di addio, è il sipario su un’epoca.
Persone:
Caricamento commenti
Commenta la notizia