PALERMO. Questa è una storia che comincia alla fine degli anni Quaranta, quando si correva veloce attraverso strade da cui si alzava la polvere. Quando si correva per lasciarsi alle spalle la guerra e per raggiungere il prima possibile un futuro che nessuno riusciva nemmeno a immaginare.
Questa è una storia di gentlmen, di un “barone” che preferì strade polverose, rumore di cilindri e puzza di benzina ai salotti da Gattopardo.
Questa storia è la storia di Antonio Pucci di Benisichi, che da Castellana Sicula scalò le vette dell’automobilismo fino a diventare il punto di riferimento della Porsche. Il barone Pucci quelle strade della Targa Florio non solo le conosceva a memoria, ma le aveva “dentro” di se. Al punto che la Porche gli affidava mesi prima del via le sue macchine per testarle su quelle curve e migliorarle in vista della gara. Una gara che lui disputò 14 volte fra il ’48 e il 66 non arrivando mai più indietro del quinto posto.
Anche se la storia, quella con la S maiuscola, il barone Pucci la scrisse nel 1964. Quel traguardo nella stagione d’oro della corsa lo tagliò per primo recuperando negli ultimi due giri varie posizioni: ci mise coraggio e quel tocco che solo un madonita poteva avere alla Targa Florio. Per sua scelta non divenne mai un pilota professionista, anche se nella sua bacheca fa sfoggio di sé anche un campionato italiano Gran Turismo vinto. Si racconta che anche Enzo Ferrari si fosse accorto di lui. In una delle ultime interviste rilasciate prima di morire, nel 2009, il barone Pucci ricordava che “con Ferrari c’era un grande rispetto reciproco ma la sua filosofia non si sposava con la mia visione delle corse. Mi chiamava “el negher” e diceva: baffi neri, occhi neri, ha un caratteraccio ma va forte".
Si ritirò dalle corse nel ’66, quando il mondo delle corse era già cambiato e le strade non erano più polverose. Come si dice in gergo appese il casco al chiodo. E ora da quel chiodo i cimeli – guanti, tuta, casco – che permettevano al pubblico di riconoscerlo lungo le curve della Targa torneranno al loro posto: sul percorso, nel museo della Targa Florio di Collesano.
Il museo, diretto da Michele Gargano aprirà le sue porte domani alle 17 per i familiari di Pucci che doneranno gli ultimi ricordi delle gesta del padre. E la Scuderia Ferrari Club San Vito lo Capo, presieduto da Roberto Leone e appena “battezzato” proprio a Maranello, farà la sua prima uscita ufficiale in occasione della cerimonia per Pucci. Dalle 17 si tornerà indietro nel tempo, fra i cimeli dei grandi piloti del passato, quelli che correvano “per rabbia e per amore”.
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