«Io sono te», si legge in un grande murale, nel quale un bimbo con le braccia larghe e lo sguardo fiero dà nuova vita a un palazzone dello Sperone, aspra e al tempo stesso stupefacente periferia di Palermo, affacciata sul mare. Porta la firma di un visionario, Igor Scalisi Palminteri. In un altro c'è una meravigliosa e gigantesca mamma che allatta un bimbo: il titolo è «Sangu e latti». Bellezza e futuro. Ma anche istanze per il presente, che richiedono risposte «date in tempi rispettosi dei bambini che crescono in fretta e dei cittadini adulti del quartiere che da troppo tempo sono testimoni loro malgrado del disinteresse, aggiunto alla colpevole incuria di chi di dovere», afferma la preside Antonella Di Bartolo, tra le anime di una porzione di città che cerca una strada di riscatto, tra luci e degrado, tra grandi potenzialità, energie positive e nodi irrisolti, risposte mancate, presenza di una criminalità periodicamente colpita dalle forze dell’ordine, come nel recente ed ennesimo raid antidroga contro una banda che usava anche i bimbi per spacciare davanti alla scuola. Una storia di diritti negati, dall’asilo nido che manca, con i progetti avveniristici chiusi nei cassetti, al Centro servizi sociali abbandonato e dove avanzano le macerie. La repressione, afferma la dirigente scolastica, non può essere la sola risposta da parte delle istituzioni. «Sono trascorsi quindici giorni da "Luci allo Sperone" - afferma la preside Di Bartolo -, da quel sabato mattina in cui i cittadini e le cittadine di altri quartieri di Palermo sono stati invitati in un lembo della periferia sud-est della città; per vedere di più, per capire meglio, per sfuggire al pregiudizio, per provare a ricominciare da qualche parte, per non cedere alla rassegnazione». Si tratta di fare splendere le luci che allo Sperone «ci sono già, e sono tante: sono persone, relazioni, luoghi», dice sicura Di Bartolo. Sono i bambini e le bambine, le tantissime famiglie perbene, le persone che in quel quartiere ci lavorano - alcune da più di trent'anni, scegliendolo ogni giorno - «il mare a portata di passo eppure negato, gli spazi grandi, sospesi, tutti da fare... Tra le luci più belle, ci sono Marzia, Rita, Giulia, Keziah, Denise, Elena, Roberta: giovani donne, oggi al primo anno delle superiori, che forti di un percorso di consapevolezza compiuto a scuola riguardo il proprio quartiere, avendone intuito e progettato nuove possibilità, hanno acceso con la loro luce quattro fiaccole, in quattro luoghi adesso perduti, che si inanellano in poche centinaia di metri». Luoghi di strappo, ma di possibile ricucitura. Ma tra chi, questa ricucitura? «Tra le parti sane del tessuto sociale e tutto l’arco istituzionale - è la risposta della preside Di Bartolo - per dare una risposta (e non solo un segnale) a chi non si rassegna e continua a mandare Sos, e al signor Giovanni che, visto il corteo, è sceso precipitosamente da casa per gridare avverso l’ennesima "comparsata", che poi non cambia mai niente». Lo Sperone pone forte il tema dell’infanzia negata. «Bisogna dare risposte alle bambine e ai bambini - avverte la preside dalla frontiera di questa periferia - e farlo nel rispetto dei loro tempi. Loro non sono i "cittadini di domani", ma sono cittadini dell’oggi: non si è bambini per sempre, e se a questi bambini non si dà ascolto e concreto diritto di cittadinanza, il loro percorso di crescita personale e di contributo alla comunità verrà gravemente compromesso». E qui entra in gioco la dimensione del tempo della pubblica amministrazione. «Da anni - sottolinea Antonella Di Bartolo - si dice che alcuni di questi luoghi perduti sono inseriti nel piano triennale delle opere pubbliche, su cui si fa un gran parlare, ma un agire fin qui non tangibile». Il signor Giovanni, come gli altri cittadini giovani e meno giovani, «chiedono di essere smentiti, ma non illusi: l’amministrazione comunale, gli assessori e i consiglieri presenti quel sabato, chi altri può e si sente coinvolto, dimostri che la partecipazione alla passeggiata non è stata mero atto di presenza, dia un segnale che sia testimonianza d’impegno: si lavori subito a quel Centro di servizi sociali incredibilmente chiuso nel 2004. Si riparta da lì: dalla messa in sicurezza al recupero immediato del bellissimo anfiteatro esterno: diventi un luogo di animazione sociale e di cultura, di luce, uno Spasimo che cura, che riallaccia, che ricuce, che rilancia». Dal mondo dell'arte arriva un ambizioso progetto che lega Palermo a Lecce grazie al linguaggio contemporaneo della street art e del visual. Un'esperienza che vedrà la realizzazione di due grandi interventi murali tra le periferie dello Sperone per Palermo e quella della 167 per Lecce, realizzati grazie agli artisti Igor Scalisi Palminteri e Chekos, nel pieno coinvolgimento dei ragazzi dei medesimi quartieri. Il tutto si realizzerà grazie al supporto della campagna di crowdfunding, attiva dal 20 dicembre. «Quando un linguaggio artistico crea opere con la comunità per diventare patrimonio culturale integrante del territorio».