Un collasso spazio-temporale di un artista che – vergine e non permeato dalla cultura classica mediterranea – si avvicina, assorbe come una spugna, e rimette al mondo, secondo suoi personalissimi stilemi. Evgeny Antufiev è entrato al museo archeologico Salinas di Palermo, ma non se ne è lasciato sopraffare, anzi. Ha cercato sue personalissime chiavi di lettura e avviato un dialogo ininterrotto tra archeologia e arte contemporanea.
La sua personale – la prima in Sicilia – concepita appositamente per il museo - si inaugurerà domattina alle 10, nel cuore della settimana di apertura di Manifesta 12 e di Palermo Capitale Italiana della Cultura. L’artista russo - che nel 2009, poco più che ventenne, ha vinto il Kandinsky Prize nella categoria “The young artist. Project of the Year” – ha divorato e metabolizzato le antiche forme definibili semplicemente come “arte classica” leggendole con personali visioni e premonizioni, creando tangenze tra il divino e l’umano.
La scelta del Museo archeologico Salinas di ospitare “When Art became part of the Landscape. Chapter I” suona come un ulteriore passo in avanti, verso la distruzione del preconcetto di uno spazio votato all’archeologia, “chiuso” ai linguaggi contemporanei. In questo caso, è importante la collaborazione con la Collezione Maramotti di Reggio Emilia, istituzione culturale privata italiana dedita al contemporaneo che per prima ha portato l’artista russo in Italia proponendo una grande mostra nel 2013 e continuando a sostenerne la ricerca. Disseminate, quasi assorbite dal Museo – nel chiostro maggiore, sotto il portico e all’interno del giardino, al piano terra, e nell’Agorà, appena inaugurata, in dialogo e in contrappunto con i reperti del museo tra cui il complesso delle gronde leonine del Tempio della Vittoria di Himerae e la grande maschera della Gorgone – sono in mostra una trentina di opere. Sculture in legno intagliato, fusioni in bronzo, terracotte, tutte formalmente connesse a iconografie simboliche, rinvenibili nei riti religiosi e pagani delle culture arcaiche. Tra di esse assume particolare rilievo l'iconografia funeraria che Antufiev esplora e ri-anima, declinando un’ “invocata immortalità”, elemento fondante di tutta la sua ricerca artistica. E in questo contesto, assumono una grande importanza i materiali con cui lavora e il modo in cui l’artista interviene su questi: il legno lavorato crudamente che pare riassorbire la forma dell’opera; la creta, da cui l’uomo è generato; le fusioni ossidate in bronzo per le quali per le quali ha impiegato la fusione a cera persa; le ceramiche, soprattutto in monocottura, trattate con patine naturali. Tutto quasi pare negare l’idea di tempo e spazio in cui l’opera si inscrive.
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