BAGHERIA. Nasce un nuovo museo a Bagheria. E trova sede nella settecentesca Villa De Cordova di Sant’Isidoro, eccezionalmente rimasta integra sia nella struttura che nei preziosi arredi, opere e suppellettili. La villa aprirà al pubblico il 20 giugno per la prima volta nella sua lunga storia.
Il bene culturale più importante di Aspra viene restituito alla fruizione pubblica con tutte le opere, tra cui alcuni capolavori, e i documenti contenuti all’interno di questo scrigno prezioso. La villa e i suoi giardini, la cui cellula iniziale è da identificare nella Masseria Grassini, appartenuta alla famiglia dei marchesi Del Castillo e De Cordova, dopo la morte della marchesa Maria Teresa De Cordova nel 2011 è stata ereditata dall’imprenditore Domenico Angileri che, tramite l’associazione da lui presieduta, ha avviato un ambizioso progetto per la trasformazione del complesso in un polo culturale.
L’apertura al pubblico è stata preceduta da una mostra ospitata al museo Mandralisca di Cefalù dedicata ai due dipinti inediti di villa Sant’Isidoro: “ Davide con la testa di Golia” di Pietro Novelli e “San Sebastiano martirizzato” di Jusepe de Ribera (lo Spagnoletto ), repliche autografe dei due grandi artisti, riconosciute da Vincenzo Abbate.
Gli ambienti del piano nobile della villa vengono adesso restituiti al pubblico. “ Lo sfarzo della volta del grande salone affrescato da Rocco Nobile e dai fratelli Tresca- ci dice Stefania Randazzo direttore scientifico del progetto - si alterna al susseguirsi di ambienti più intimi e quotidiani dove è possibile oggi ammirare sezioni dedicate alla fotografia, ai giocattoli, agli abiti e agli accessori”. Gli strumenti e le macchine per la lavorazione delle olive, degli agrumi, dell’uva e del grano che documentano la vita della villa, azienda agricola fino agli anni ‘70 del Novecento , sono esposte nei suggestivi ambienti della stalla seicentesca .
L’apertura alla consultazione del ricchissimo archivio documentario e della biblioteca sarà l’ultimo atto del progetto di una pubblica fruizione di un inedito e prezioso patrimonio culturale.
“L'inaugurazione del museo di villa De Cordova di Sant’Isidoro – dice il proprietario Domenico Angileri – è il primo passo di un progetto culturale che ha tra gli obiettivi quello di attivare protocolli d'intesa e convenzioni con l'università, scuole di ogni ordine e grado e altre istituzioni culturali finalizzate all'attività di ricerca, gestione e manutenzione del bene”.
Il progetto complessivo, promosso dall’Associazione culturale villa Sant’Isidoro e dal suo presidente, è portato avanti con la direzione scientifica di Stefania Randazzo coadiuvata da Giuseppe Tegnenti , la partecipazione di Flora Rizzo per l’allestimento dei costumi e degli accessori e di Salvatore Pulizzotto e Antonino Scarpulla per la sezione etnoantropologica, di Gaetano Renda, progettista dell’intervento di restauro, e Mauro Sebastianelli, restauratore e consulente per la conservazione.
Villa Sant’isidoro De Cordoba nasce nell’ambito della baronia di Solunto risalente al 1392, anno in cui il re Martino conquista la Sicilia. All’interno del feudo si costruisce un primo edificio destinato alla conservazione ma anche alla lavorazione dei prodotti agricoli. Nel Settecento la campagna palermitana e della piana di Bagheria diventano il luogo di villeggiatura prediletto dalla nobiltà palermitana. In questo contesto storico e culturale si inserisce l’attuale villa Sant’Isidoro, dal 1648 marchesato
LA VILLA. L’organizzazione attuale del piano nobile della villa è databile alla metà del Settecento come attesta la firma e la data riportata nella decorazione del grande salone dipinto a “trompe l’oeil”: 1753. A questo periodo è riconducibile la maggior parte delle opere di trasformazione dell’edificio, anche se ulteriori interventi vengono eseguiti nella seconda metà dell’Ottocento dopo che una Del Castillo sposa, nel 1849, un De Cordova. L’ingresso della famiglia è documentata dal blasone dipinto sul soffitto della prima stanza, a cui si accede dallo scalone monumentale, al centro del quale sono leggibili le armi delle famiglie Del Castillo, De Cordoba, Mastrilli e Paternò.
Da qui comincia il percorso di visita all’interno degli ambienti che obbediscono alla regola francese dell’enfilade, attraverso una successione di vani porta che in taluni casi, in ossequio alla simmetria degli spazi, diventano doppi. Dal grande vano d’ingresso, detto “quadreria”, si sviluppano i tre ambienti dell’ala est , l’area più privata del piano nobile: uno studio e due camere da letto con i decori in stucco, testimonianza delle trasformazioni nella seconda metà dell’Ottocento. Nell’ambiente attiguo alla camera padronale, verosimilmente l’alcova, con un soffitto a travi dipinte con decori bianchi e blu che documentano la fase seicentesca della villa, sono esposti abiti femminili e un prezioso corredo con abiti da battesimo e comunione.
Nell’ala ovest si susseguono gli ambienti di rappresentanza: lo studio con i dipinti più importanti della casa museo (Jusepe de Ribera, Pietro Novelli, Scipione Compagno), i ritratti degli antenati della famiglia e il soffitto decorato a tempera; il grande salone con le finte architetture, armi e crateri, opera firmata e datata di Rocco Nobile e, nella volta, l’Allegoria della Giustizia, dipinta dai fratelli Tresca, pavimentato con quadrelle in terracotta smaltata; la sala delle armi dove sono esposte le collezioni d’armi della famiglia e una collezione di monete e banconote.
Le porte lignee che collegano i tre ambienti, decorate a foglia d’oro con pitture policrome, rimandano ai tipi del tempo: fiori, vasi, elementi fitomorfi e conchiliformi impreziosiscono gli ambienti e richiamano i temi del trompe l’oleil del salone.
Gli ultimi tre ambienti ospitano la collezione di camere oscure, macchine fotografiche e cineprese con lastre fotografiche ed elementi per lo sviluppo fotografico e il ritocco, giocattoli d’epoca e fumetti e, infine, l’ambiente dal quale si raggiungerà la terrazza panoramica in cui sono esposti abiti, cappelli, calzature e accessori sia femminili che maschili.
IL GIARDINO. Le caratteristiche del paesaggio e il contesto hanno avuto una funzione determinante nella evoluzione e trasformazione della villa e dei suoi giardini. Il fondo ricco di abbondanti acque, qui condotte attraverso un sistema che l’adduceva dal fiume di Ficarazzi, e la notevole estensione, hanno permesso di mantenere nel corso dei secoli, nonostante la trasformazione nella metà del Settecento in luogo di villeggiatura, la funzione originaria di “azienda agricola” con la produzione di limoni, olive, uva, pesche.
Numerosi atti rinvenuti nell’archivio della casa testimoniano l’intensa e mai interrotta attività di manutenzione dei magazzini delle derrate o la costruzione, nel 1802, di un trappeto per la molitura delle olive. Gli interventi più importanti vennero fatti nei primi anni dell’Ottocento quando fu chiamato a sovrintendere ai lavori l’ingegnere cappuccino fra Felice da Palermo, che si adoperò per il “trasporto di una zappa d’acqua dal fiume di Ficarazzi fino alla casina della Bagaria nella contrada dell’Aspra propria”.
La fertilità del terreno ha fatto sì che tale vocazione continuasse anche nel XX secolo con il marchese Pietro De Cordoba, il quale produceva agrumi e li commercializzava oltre lo stretto in Germania e in Inghilterra.
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