La Corte di Cassazione ha annullato la decisione della Corte di assise di appello di Palermo del 28 novembre 2022 che aveva a sua volta dichiarato nulle le condanne di un processo per omicidio di mafia, perché uno dei giudici popolari, al momento del verdetto di primo grado, aveva superato i 65 anni, età massima fissata dalla legge per far parte della giuria.
Si tratta del processo sull’omicidio dell’imprenditore Vincenzo Urso, assassinato ad Altavilla Milicia nel 2009, che aveva visto la condanna all’ergastolo di Pietro Erco e a 25 anni del complice, Luca Mantia.
La decisione di annullare la sentenza per il cavillo giuridico era stata impugnata dalla Procura generale di Palermo.
La Prima Sezione penale della Cassazione ha ritenuto che, da una lettura sistematica della legge n. 287 del 1951 che disciplina il riordinamento dei giudizi di assise, si ricava che il requisito anagrafico previsto per i giudici popolari è richiesto al momento dell’iscrizione nell’albo dei giudici popolari, dell’inserimento della lista e, da ultimo, della nomina per la sessione. Il giudice popolare così nominato resta legittimamente in carica per l’intera sessione. Di conseguenza non sussiste il vizio di capacità del giudice ritenuto dalla sentenza annullata.
La pronuncia della Cassazione era attesa anche a Bologna dove i difensori di Gilberto Cavallini, ex Nar condannato all’ergastolo per la strage del 2 agosto 1980, mercoledì avevano sollevato in aula la medesima eccezione di fronte all’assise di appello, evidenziando che tra i giudici di primo grado in quattro avevano compiuto 65 anni durante il processo e citando come precedenti, oltre al caso palermitano, anche sentenze della Corte di assise di appello di Messina.
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