Palermo

Giovedì 24 Aprile 2025

Delitto Agostino, la difesa: «Contro Nino Madonia non ci sono prove»

Ida Castelluccio e Nino Agostino
Nino e Ida il giorno del matrimonio
Nino Madonia

Non ci sono riscontri alle parole dei collaboratori di giustizia, le ricostruzioni sono state apprese da racconti fatti da altri: in parole povere, secondo la difesa, non c’è la prova che porti alla responsabilità di Nino Madonia per l’omicidio dell'agente di polizia Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio, assassinati insieme davanti al cancello della loro casa, a Villagrazia di Carini, il 5 agosto del 1989. Tocca all’avvocato Vincenzo Giambruno, davanti alla Corte d’assise d’appello di Palermo presieduta da Angelo Pellino, iniziare la parte della sua arringa per smontare il verdetto di primo grado che ha condannato all’ergastolo Madonia, e la recente richiesta dei sostituti procuratori generali Umberto De Giglio e Domenico Gozzo che ne chiedono la conferma. «La sentenza di primo grado - ha argomentato Giambruno - è stata sconfessata da diverse richieste di archiviazione accolte» in cui si dichiarava che le parole di collaboratori di primo piano come Vito Galatolo, Giovanni Brusca, Francesco Di Carlo, Vito Lo Forte, Francesco Marino Mannoia non sono state riscontrate. Quello che manca, secondo la difesa di Madonia - il boss era in video collegamento dal carcere di Opera a Milano - è la certezza sulle ricostruzioni che puntavano il dito contro il boss come mandante del delitto avvenuto la sera del 5 agosto del 1989: parole «spesso de relato» o «troppo generiche». Nel bagaglio della difesa ci sono ad esempio la richiesta di archiviazione- avanzata nel 2016 dal pool della procura antimafia - nei confronti non solo di Madonia ma anche di Gaetano Scotto (imputato in un altro processo dopo la scelta di seguire il rito ordinario) e di Giovanni Aiello, «faccia da mostro» (nel frattempo deceduto). La difesa si fonda sulle «dichiarazioni generiche» dei pentiti durante l’incidente probatorio, o «sull’accanimento terapeutico di interrogatori» avvenuti dopo il rigetto di una richiesta di custodia cautelare per Madonia e Scotto quando il gip parlò di «progressione accusatoria» delle dichiarazioni dei collaboratori. Giambrone - nella difesa con gli avvocati Alessandro Martorana e Valerio Vianello - ha anche ricordato le parole di Di Carlo, «uno dei principali accusatori di Bruno Contrada», che però «non ha mai parlato di rapporti» tra l’ex numero 3 del Sisde e Madonia. Oppure quelle di Oreste Pagano «non un uomo d’onore formalmente affiliato in Cosa nostra, ma un trafficante di sostanze stupefacenti» che ha raccontato di aver appreso dal boss mafioso agrigentino, Caruana, che nell’omicidio Agostino fosse coinvolto proprio Madonia. Mancano, secondo la difesa, le motivazioni apprese direttamente da chi le riferisce sul perché Madonia avrebbe voluto la morte del poliziotto: non un «semplice» agente di commissariato, ma un investigatore scelto per far parte di una squadra molto speciale che doveva portare alla cattura dei latitanti di Cosa nostra. La ricostruzione delle difesa diverge da quella dell’accusa: De Giglio e Gozzo hanno ritenuto fondate le accuse dei diversi collaboratori di giustizia dato che tutti hanno messo in rilievo - ognuno secondo il ruolo rivestito in Cosa nostra - la mano di Madonia dietro l’omicidio costato la vita anche alla creatura che la Castelluccio aveva in grembo.

leggi l'articolo completo