Palermo

Domenica 24 Novembre 2024

Partinico, i «Fardazza» e il maxitraffico di cocaina: chiesti 400 anni per 34 imputati

Giusy Vitale in una foto recente
Giusy Vitale
Vito Vitale
Michele Vitale
Michele Casarrubia

La Dda di Palermo ha chiesto la condanna a oltre 4 secoli di carcere per 34 persone imputate a vario titolo di associazione mafiosa, corruzione, traffico di droga e danneggiamenti. Il processo si celebra in abbreviato e nasce da una indagine che, nel 2021 portò a 85 misure cautelari, condotta dai carabinieri di Partinico. Tra i nomi eccellenti finiti sottoindagine Michele Vitale, esponente della famiglia mafiosa dei Vitale, storici capi del mandamento mafioso, in Cosa nostra soprannominati «Fardazza». Per Vitale i pm hanno chiesto 15 anni di carcere. Anni di intercettazioni, appostamenti e indagini vecchio stampo senza alcun aiuto dei pentiti. Anche perchè gli arrestati c’era proprio una collaboratrice di giustizia: Giusy Vitale, ex capo del mandamento, sorella dei padrini Vito e Leonardo Vitale, che sostituì ai vertici del clan dopo l’arresto. Vitale, che viene processata sepratamente col rito ordinario, sarebbe stata al centro di un maxitraffico di stupefacenti insieme al nipote Michele Casarrubia (per cui sono stati chiesti 18 anni). Nel 2018 avrebbero gestito l’acquisto di un’ingente quantità di cocaina con Consiglio Di Guglielmi, detto Claudio Casamonica, personaggio di vertice dell’omonimo clan romano, successivamente morto per Covid. All’incontro, interamente registrato dagli inquirenti, partecipò tra gli altri anche l’allora collaboratrice di giustizia oggi accusata di aver acquistato cocaina da fornitori calabresi a Milano e Bergamo. Dall’inchiesta, che fece anche luce sui rapporti tra politici locali e i boss - il Comune di Partinico è stato sciolto per mafia - ha svelato i favori che una guardia penitenziaria faceva al boss detenuto Francesco Nania. In cambio di cibo, vestiti e sconti sulla benzina, l’uomo, arrestato per corruzione, aiutava il capomafia a fare arrivare all’esterno suoi ordini. L’imputato ha scelto il rito ordinario.

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