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L’omelia di Lorefice in Cattedrale: «Dalla Chiesa voleva una convivenza senza mafia»

«La fede del generale Dalla Chiesa ci illumina e ci guida ancora oggi: la fede negli uomini e nelle donne che "sanno ciò che fanno", e la fede in Dio che ci vuole consapevoli e liberi da ogni condizionamento. Liberi da ogni potere che limita e opprime la dignità umana e che impedisce la convivenza giusta, solidale, inclusiva e pacifica delle nostre città; soprattutto una convivenza libera dalle organizzazioni mafiose e terroristiche, dall’illegalità a dalle connivenze subdole e pervasive». In una cattedrale gremita tra autorità civili e militari e semplici cittadini, l’arcivescovo Corrado Lorefice, officiando la messa nel quarantennale della strage di via Carini, ricorda così il prefetto Carlo Alberto dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di polizia Domenico Russo: «Una donna e due uomini liberi che hanno scelto di amare»

Presenti, seduti in prima fila, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulè, il presidente della Regione Siciliana, Nello Musumeci, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla e il figlio del generale, Nando Dalla Chiesa. «Sentiamo l’urgenza di custodire la memoria del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa - ha proseguito Lorefice - di attingere ancora al suo luminoso orizzonte di vita alimentato dalla fede in Dio, nell’Immenso». Un uomo che «sa ciò che fa, professionista preparato e arguto, credente sulle orme di Cristo - ha sottolineato ancora Lorefice -. Dalla Chiesa ci testimonia ancora l’esempio di una vita pulita, fatta di entusiasmo, di lavoro onesto e pulito, ci indica la forza di resistere, la gioia del donare senza chiedere, l’impegno di mantenere inalterato lo smalto della lealtà verso lo Stato e le sue Istituzioni, la disponibilità alla macerazione della vita quotidiana, all’amore per un dovere che tutto pospone. Non ultimo - ha concluso -, ci provoca ad optare sempre per la difesa dell’inerme», ha concluso.

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