Palermo

Venerdì 22 Novembre 2024

La rapina alla Snai di Palermo e la «bugia» al clan, così Incontrera coprì il figlio

Il luogo in cui è stato ucciso Giuseppe Incontrera
Giuseppe Incontrera
Salvatore Incontrera fu arrestato nel 2016 per un’aggressione

Dal grande affare della droga alle più rudimentali attività: le estorsioni e le rapine erano pane quotidiano per i sodali del mandamento di Porta Nuova. Nell’ordinanza firmata dal gip Filippo Serio appare pure un movimentato colpo al centro di scommesse Snai di via Silvio Pellico e nel quale sarebbe coinvolti pure il figlio del boss Giuseppe Incontrera, ucciso pochi giorni fa in un agguato alla Zisa.

La rapina a Capodanno

Secondo le dichiarazioni delle vittime e dalla visione delle telecamere di sorveglianza, nel pomeriggio del primo gennaio scorso due giovani con il volto coperto ed armati di pistola avevano fatto irruzione nel centro e, minacciando i due responsabili dell'agenzia, si erano fatti consegnare 14.500 euro. A uno dei due dipendenti, trattenuto con la forza, veniva impedito di raggiungere il figlioletto di 5 anni. che lo aspettava fuori in auto.

Il boss rimprovera il figlio

Il boss chiedeva conto e ragione su chi avesse preso l’iniziativa criminale, rimproverando il figlio Salvatore sulle cattive figure che gli faceva fare con il clan e avvertendolo sul fatto che sbagliava a pensare che non avrebbe mai potuto subire ritorsioni per il suo ruolo nel contesto malavitoso: «Non fate più niente qua, per nessun motivo al mondo...perché sempre tu sei, giusto? E non può essere, io domani devo andare a fare discorsi e mi vengono a prendere di petto...». I due, secondo le intercettazioni fatte dai carabinieri, avevano fatto la rapina per fare fronte a debiti contratti proprio con il gioco d'azzardo.

La versione di comodo

Ma la preoccupazione dell’uomo d’onore era legata alla risoluzione del guaio con il clan perché a lui non preoccupavano le indagini degli sbirri, ma solo la possibilità che le vittime della rapina, riconoscendolo, avrebbero potuto rivolgersi agli esponenti mafiosi per avere conto e ragione di quello che era accaduto. Per evitare qualsiasi problema e mettersi in «regola», avrebbe raccontato al reggente del mandamento una verità distorta sulla commissione della rapina. Così, la versione della rapina non autorizzata era stata trasformata a favore del figlio pasticcione, che appariva quasi come fortuito difensore della inviolabilità del territorio: era stato lui a sorprendere i banditi durante la rapina con un bottino di 5 mila euro e, conoscendo uno degli stessi, aveva preteso una somma di denaro da destinare all'organizzazione criminale: «A posto, gli dico che ti sei fatto dare soldi come regalo - suggerisce Incontrera al figlio ed al complice -. Domani mattina fatemi avere 1.000 euro a testa». Naturalmente, lui non ne sapeva nulla perché qualsiasi attività illecita commessa nel loro territorio doveva essere sempre preventivamente autorizzata dall'organizzazione criminale e tutti quelli che in passato si erano resi responsabili di simili azioni, erano stati schifati dal sodalizio criminale: «La batteria che c'era ... dove si mangia non si sputa».

L'imprenditore edile

E che a Porta Nuova bisognava muoversi con cautela, lo sapeva bene pure l’imprenditore edile che si era reso molto disponibile a svolgere i lavori edili nella casa di un boss senza pretendere sino a quel momento alcun pagamento, visto che era riuscito ad abbattere i costi pretendendo dai vari soggetti interessati di lavorare o fornire quanto necessario gratuitamente. Ma ribadiva che sarebbero stati ripagati in futuro. L’imprenditore, sottolineano gli inquirenti, aveva rinunciato al corrispettivo anche in previsione di possibili «aiuti» da parte dei mafiosi beneficiati: «Neanche ha voluto un euro - racconta un indagato - Mi ha detto a posto... ci siamo capiti».

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