Era il 16 marzo del 1990 e a Palermo si consumava la tragica morte di Emanuele Piazza, collaboratore del Sisde, ucciso dalla mafia. Oggi, a distanza di 32 anni, la città ha ricordato uno dei suoi tanti figli scomparsi nel nome della legalità.
Era figlio di un avvocato, e il Sisde aveva subito creduto in lui. Dal suo lavoro erano scaturiti un paio di arresti e il ritrovamento di una base di armi, auto e moto allo Zen. Per il suo impegno era stato messo alla ricerca di latitanti tra i quali anche Totò Riina. Quel 16 marzo del 1990 di lui si persero le tracce. La ricostruzione del delitto, strangolato e poi sciolto nell'acido, avvenne grazie alle rivelazioni di due collaboratori di giustizia.
Questa mattina Emanuele è stato ricordato grazie a una iniziativa in piazza Giovanni Paolo II dove è stata sistemata una pietra col suo nome. "Emanuele ha portato avanti sempre i valori della lealtà e dell'amicizia - lo ricorda il fratello Andrea -. Per lui però non c'è un luogo identitario perché è stato sciolto nell'acido. Abbiamo presentato una proposta di istituire in viale Croce Rossa i marciapiedi della memoria dove verranno ricordate tutte le vittime di mafia, senza morti di serie a e serie b".
Al momento di preghiera, con il parroco Domenico Spatola, c'era anche Totò Cuffaro, commissario regionale della Dc Nuova, il quale ha lanciato una proposta: "Per ricordare il sacrificio di Emanuele propongo che anche Emanuele Piazza abbia una strada intestata così come è successo per tante altre vittime della mafia".
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