Farli tornare ad essere bambini. La missione è questa. Permettere di emozionarsi ad un bambino in fuga dalle bombe, rimasto nascosto per giorni in un rifugio sottoterra o che ha visto morire un amico o un parente.
Questo è il lavoro di Giovanna Di Benedetto, giornalista palermitana, da otto anni portavoce di Save The Children, l’organizzazione umanitaria internazionale impegnata nella tutela dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.
In due settimane al confine fra la Romania e l’Ucraina ha visto transitare dalla frontiera migliaia di profughi. Soprattutto donne e bambini che arrivavano a piedi. A loro Di Benedetto, e gli altri uomini e donne in arrivo da tutto il mondo, hanno cercato di dare una mano con beni di prima necessità. “Abbiamo distribuito il necessario per bambini e mamme: dai pannolini a guanti, sciarpe e cappelli – racconta Giovanna con un entusiasmo contagioso, quello di chi sa di muoversi nella direzione giusta, senza badare a timbrare un cartellino o al fatto di essere a miglia di chilometri da casa, a poca distanza da una guerra in corso -. Eravamo a Siret, estremo nord est della Romania al confine con l’Ucraina, dove all’interno dello stadio è stato allestito un campo profughi con centinaia di tende, un luogo di transito dove chi arriva può riposarsi qualche ora prima di riprendere il proprio cammino. Nella nostra esperienza abbiamo imparato a vedere le difficoltà che attraversano i bambini, loro hanno bisogno più di altri di un luogo protetto, anche con un aiuto psicosociale. Devono tornare ad emozionarsi, ad essere bambini”.
Le emozioni sono quelle di miglia di persone che lasciano la propria casa anche a piedi o in battello, come avviene sulle rive del Danubio, nel tratto in cui il fiume separa la Romania dall’Ucraina.
“La maggior parte dei profughi – racconta la portavoce di Save The Children è diretta in Polonia o in Germania, dove trovano amici o familiari e possono dare una mano”. Qualcuno è in viaggio anche verso l’Italia, per questo l’organizzazione umanitaria ha allestito un punto di accoglienza al valico di Fernetti, vicino Trieste, frontiera fra Italia e Slovenia che, per volume di traffico, rappresenta uno dei principali passaggi tra i due Paesi e uno dei maggiori punti di transito tra l'Europa occidentale e quella centro-orientale.
Giovanna, una laurea in Scienze politiche con indirizzo internazionale alle spalle, alcune collaborazioni con testate giornalistiche a Palermo, poi il volontariato con Medici senza frontiere, la borsa di studio all’ufficio stampa della Croce rossa e, otto anni fa, il passaggio a Save The Children. “Mi sono sempre occupata di migranti, soprattutto dei piccoli che arrivano in Sicilia. La mia vita? È in strada, ho scelto questo. Ed è quello che voglio continuare a fare”.
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