La quarta sezione della Corte d’Appello di Palermo, presieduta da Vittorio Anania, ha ridotto le pene a sei dei venti imputati del processo denominato Maredolce, deciso in primo grado col rito abbreviato dal Gup Fabio Pilato. Per il resto è stata confermata la stangata al clan di Brancaccio nei confronti di 21 imputati coinvolti nell’operazione Maredolce di polizia e guardia di finanza per mafia, estorsioni e droga e già condannati in primo grado il 14 febbraio 2020. Il giudizio riguarda il clan di Brancaccio, guidato da Pietro Tagliavia, figlio di Francesco, coinvolto nelle stragi mafiose del ‘92-’93. Gli sconti riguardano Antonino Marino, la cui pena è stata ridotta da 10 anni a 7 anni, 11 mesi e 10 giorni; Roberto Mangano, che ha avuto 5 anni (contro i 6 del primo grado); Pietro D’Amico è stato condannato a 3 anni e 4 mesi (5 anni); Giuseppe Frangiamore da 2 anni e 8 mesi scende a un anno, 9 mesi e 10 giorni; Giovanni Pilo passa da 6 anni a 5 anni e 4 mesi. Discorso a parte per Giacomo Teresi, al quale il collegio presieduto da Vittorio Anania ha inflitto 18 anni in continuazione con una precedente condanna: ne aveva avuti 12 davanti al Gup, ma l’aumento è solo apparente. Pene confermate per gli altri imputati: Pietro Tagliavia dovrà scontare 14 anni, Francesco Paolo Clemente 12, Giuseppe Ficarra 10, Giuseppe Lo Porto 8, Santo Carlo Di Giuseppe 12, Giovanni Vinci 10, Giovanni Mangano 8, Giuseppe Michelangelo Di Fatta 12, Massimo Altieri 2 anni e 8 mesi, Gaetano Lo Coco 2 anni e 8 mesi, Maurizio Puleo 4 anni, Stefano Tomaselli 3 anni 4 mesi, Francesco Paolo Mandalà e Rosalia Orlando 2 anni e 8 mesi a testa. Lo Porto è fratello di Giovanni, l’operatore umanitario rapito da Al Qaeda e ucciso nel 2015, nel corso del blitz con cui un commando statunitense voleva liberare lui e altri due ostaggi.