Palermo

Domenica 28 Aprile 2024

Mafia a Brancaccio, condanna per 13 imputati - Nomi e foto

Francesco Paolo VALDESE - 5 anni e 8 mesi
Pietro LA VARDERA - 2 anni
Giuseppe FURITANO - 10 anni
Vincenzo DI PIAZZA - 3 anni e 7 mesi
Cristian BALISTRERI - 6 anni e 8 mesi
Patrizio CATANZARO - 3 anni
Giuseppe CUSIMANO - 2 anni e 8 mesi
Mario IANNITELLO - 4 anni e 4 mesi
Claudio CROCILLA’ - 4 anni e 2 mesi
Vincenzo MONTESCURO - 3 anni e 9 mesi
Santo COZZUTO - 3 anni e 9 mesi
Egidio ZUCCHINI - 4 anni
Antonio ZUCCHINI - deceduto

PALERMO. Il gup di Palermo Giuliano Castiglia ha condannato a oltre 50 anni di carcere 13 dei 14 imputati nel processo nato dall'operazione "Zefiro" che a novembre del 2014 portò in carcere 18 persone tra cui Natale Bruno (che ha scelto il rito ordinario), indicato come erede di Cesare Lupo e nuovo boss di Brancaccio. Gli imputati erano accusati a vario titolo di mafia, estorsioni e spaccio di droga. A Giuseppe Furitano sono stati inflitti 10 anni, 5 anni e 8 mesi a Francesco Paolo Valdese (collaboratore di giustizia a cui non è stato riconosciuto lo sconto di pena previsto per i pentiti), 2 anni e 2 mesi a Pietro La Vardera, 3 anni e 7 mesi a Vincenzo Di Piazza, 6 anni e 8 mesi a Cristian Balistreri, 3 anni a Patrizio Catanzaro, 2 anni e 8 mesi a Giuseppe Cusimano, 4 anni e 4 mesi a Mario Iannitello, 4 anni e 2 mesi a Claudio Crocillà, 3 anni e 11 mesi a Vincenzo Montescuro, 3 anni e 9 mesi a Santo Cozzuto, 4 anni a Egidio Zucchini, 3 anni e 4 mesi a Antonio Zucchini. Assolto Filiberto Palermo. Come è emerso dalle indagini, molti imprenditori e negozianti si presentavano spontaneamente in un magazzino in via Gaetano di Pasquale, quartier generale di Natale Bruno. Ripreso dalle telecamere, un commerciante di casalinghi che aveva trovato Attak nei lucchetti del proprio negozio, si è sentito dire da Bruno: "Al tuo buon cuore, attenzione. Non stiamo chiedendo niente... A Pasqua e Natale, quello che volete fare". E il commerciante pagò. Le estorsioni sarebbero state fatte a tappeto sotto il controllo del capomafia. I soldi servivano per il sostentamento del mandamento e dei numerosi carcerati. Ma il denaro non bastava mai e Cosa nostra cercava introiti più sostanziosi nello spaccio di droga con la collaborazione di altri gruppi criminali. Proprio di droga, secondo gli inquirenti, si sarebbe occupato il cantante neomelodico Filiberto Palermo, oggi assolto, molto conosciuto a Palermo dove si esibiva nelle feste di piazza con il nome d'arte di Gianni Clemente. ALTRI DETTAGLI NEL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA. PER LEGGERE TUTTO ACQUISTA IL QUOTIDIANO O SCARICA LA VERSIONE DIGITALE

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