
Molti anni dopo, sfrecciando verso il traguardo che gli avrebbe consegnato la prima Targa Florio, Totò Riolo ha alzato lo sguardo per guardare il balcone dal quale si affacciava, da bambino, sul viale principale di Cerda, per ammirare le macchine da corsa. E innamorarsene. Al punto che oggi, che di gare ne ha corse 500, il più vincente pilota siciliano dell’era moderna non ha dubbi su come tutto è iniziato: «Non potrò mai dimenticare il rumore, il colore scintillante di quei bolidi e soprattutto l’odore di benzina mista a olio che conobbi quando avevo 6 anni».
Sarà questo il senso di tutta una vita trascorsa «a inseguire un sogno, che è quello di correre e vincere». La prima Targa Florio, arriverà nel 2002 e poi ce ne saranno altre 9. Ma per arrivare a quel traguardo sono serviti «tanti sacrifici, l’aiuto di molti amici e una incrollabile determinazione unita alla convinzione di potercela fare».

È sempre stato così. Fin dai tempi del kart, quando a 15 anni è salito su un 100 Nazionale per le prime gare nei paesi. Ma quella guida perfetta, quelle traiettorie affrontate sempre alla più alta velocità possibile, meritavano altre platee. E così Cerda, il suo paese, è diventato un trampolino da cui spiccare il volo. «Nel 1986 noleggiai da Eros Di Prima una Fiat Ritmo Abarth 130, insieme al mio amico Pietro Saia, e mi iscrissi alla prima Targa Florio. Era la gara che guardavo dal mio balcone quando ero bambino. Mi ritirai all’ultimo giro sul curvone di Scillato, quello che mi avrebbe portato al traguardo di Cerda». Ma quella bandiera a scacchi era solo un appuntamento col destino, rimandato di qualche anno. «Noleggiare quella macchina per il campionato 1986 mi costò 5 milioni di lire che trovai grazie a degli sponsor uniti ai miei risparmi. Ma furono soldi spesi bene perché iniziai a farmi notare». Totò Riolo è ambizioso e l’anno dopo acquista una Porsche 911: «La comprai per 18 milioni da Mimmo Guagliardo che aveva appena terminato la Monte Erice. La presi direttamente al box e la portai a casa. E partecipai a tutte le gare di slalom e salite che potevo permettermi col mio piccolo budget». La prima vittoria arriva proprio quell’anno e con quella Porsche alla Sciacca Monte Kronio.
Da quel momento nulla avrebbe potuto più fermarlo. E Totò Riolo ha messo insieme 500 gare. Fra queste, 216 rally (90 vinti) e 127 cronoscalate (43 vinte) e 46 gare in pista (14 vinte). Ha fatto sua 3 volte la Targa Florio moderna (nel 2002, 2005 e 2010) come Vaccarella e 7 quella storica. In mezzo, fra quel 1986 con la Ritmo Abarth e la Coppa Nissena vinta domenica scorsa su un prototipo PRC A6 c’è una vita intera. Sempre a tutta velocità, sempre davanti e poi sul gradino più alto del podio. E ci sono tanti amici che non sono comparse in questa storia, sono coprotagonisti di un’avventura trionfale: «Dopo le prime stagioni entrai nel team Bds con Roberto Varvarà e cominciai a partecipare ai rally vincendo subito quello della Valle del Belice su una Opel Kadett Gsi. Poi, nel 1992 costruì un team con Sergio Di Benedetto. E le vittorie si moltiplicarono». In quegli anni Riolo ha vinto 5 Coppe Italia di rally. Nel 1997 con Sergio Ciulla acquista una Bmw M3. E accanto a lui a fare da navigatore c’è Rosa Maria Castagna. Fra il ’98 e il 2000 con il prototipo GMG che gli affida Gianni Mozzone mette insieme oltre 70 vittorie. E all’inizio del nuovo secolo in questa storia arrivano Maurizio Marin (con lui 86 rally in 25 anni), i fratelli Balletti e nel 2016 lo sponsor Sun Prod del magnate tedesco Walter Ansorge che ha creduto in Riolo aiutandolo a inseguire il suo sogno. È Marin il navigatore che lo affianca nel 2002 quando ripasserà, da vincitore, sotto il balcone da cui guardava le auto mitiche della Targa Florio.
Così questa storia è ora un cerchio che si chiude. Il figlio di Riolo, Ernesto, corre e ha come navigatrice Giulia, la figlia di Marin. All’ultima Targa, qualche mese fa, c’erano due equipaggi Riolo-Marin. Sullo sfondo, come fosse leggermente fuori fuoco in ogni foto, c’è sempre Giusi Garofalo, che dal 1985 gli è accanto, prima come fidanzata e poi come moglie: «Senza di lei che si occupa dell’attività di famiglia, non avrei mia potuto fare quello che ho fatto». Tutti insieme hanno dato vita a Targa Racing club, associazione sportiva che ha come obiettivo introdurre giovani piloti al mondo delle corse. È un altro trampolino, offerto in un momento in cui tutto è diventato più difficile: «Ai ragazzi dico che bisogna crederci, che i sogni si possono raggiungere. Anche se oggi senza soldi non si va da nessuna parte, non è come quando ho cominciato io». Lo dice senza rancore, senza voglia di rivalsa verso un modo che è cambiato ma che non lo ha travolto: «Per imporsi in questo sport bisogna avere tecnica, essere coscienti del proprio limite e avere rispetto della macchina. A volte bisogna averne anche paura. Ma soprattutto non si deve mai smettere di divertirsi». Lui si diverte ancora, a sessant’anni. Progetta nuove sfide e non dimentica la strada fatta per arrivare fin qui: «Quanti sacrifici... Ma ne valeva la pena per quel sogno inseguito fin da bambino».

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