Il giorno in cui l'ammazzarono, padre Puglisi se lo aspettava. Come nel romanzo di Garcia Marquez, la sua fu una morte annunciata. Accolse i suoi carnefici con un ineffabile sorriso, sotto casa. E disse proprio così: "Me lo aspettavo". E infatti aveva già subito minacce di morte, lettere anonime, danneggiamenti, aggressioni. Avevano bruciato le porte di casa a tre volontari dell'associazione intercondominiale che l'aiutava in parrocchia. Lui aveva commentato: "Non ho paura di morire se quello che dico è la verità". Entrambi gli assassini, Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza, sono oggi collaboratori della giustizia. Hanno raccontato quell'ultimo sorriso e oggi dicono che, stravolti da quel ricordo, si sono convertiti. La Chiesa di Palermo ha levato la sua voce per rileggere e interpretare quel delitto sconvolgente. E lo ha fatto con il linguaggio che le è proprio, quello alto della profezia. Il decreto firmato da Papa Francesco nel 2013 sancisce infatti che padre Pino è un martire, che ha sacrificato la sua vita per non rinnegare la sua fedeltà al Vangelo. Che contro di lui si è scatenato l'odium fidei, l'odio per la sua fede da parte dei mafiosi. Don Giuseppe Puglisi è un martire. Come gli antichi cristiani che si immolavano nel Colosseo, come i missionari trucidati nel cuore dell'Africa. Che cosa vuol dire tutto ciò? Per la Chiesa cattolica il martirio è un dono di Dio a tutta la comunità, un seme che ha dato e darà frutti rigogliosi. Nei momenti più bui della storia Nostro Signore sceglie uomini di fede per dare segni di speranza. Come padre Massimiliano Kolbe ad Auschwitz, il francescano che donò la sua vita per salvare un altro prigioniero del lager. Una luce nel buio della Guerra Mondiale. Per questo, secondo le leggi della Chiesa, il martirio è una beatificazione che viene proclamata senza l’accertamento di una guarigione inspiegabile. E’ il dono della vita, l’effusione del sangue per non rinnegare la propria fede. Occorre adesso l’accertamento di una guarigione non spiegabile dalla medicina (il cosiddetto miracolo) su sua intercessione per far sì che il Beato Puglisi diventi Santo. Eventuali segnalazioni di queste guarigioni vanno indirizzate alla diocesi di Palermo che a suo tempo (1998) ha avviato la causa. Perché fu ucciso quindi don Puglisi? Apprendiamo dalle intercettazioni in carcere che Salvatore Riina, il capo dei capi, di Puglisi pensava proprio questo: «Il quartiere lo voleva comandare iddu. Ma tu fatti il parrinu, pensa alle messe, lasciali stare…il territorio…il campo…la Chiesa…lo vedete cosa voleva fare? Tutte cose voleva fare iddu nel territorio…». Questo era l’odio della mafia per un sacerdote “che interferisce” e non si limita “a farsi le messe”, ma si impegna sul fronte dell’evangelizzazione, dell’aiuto agli ultimi e ai giovani.