Palermo

Mercoledì 17 Settembre 2025

Don Pino, un prete di strada che insegnava ad amare i libri

Don Pino Puglisi è conosciuto come un prete di strada, tutto cuore, che consumava le suole delle scarpe per salvare i giovani di Brancaccio. Ma gli studi degli anni successivi al delitto hanno ricostruito - in aggiunta - la figura di un sacerdote preparato, con una biblioteca imponente, un intellettuale che aveva studiato pedagogia e psicanalisi, terapia di gruppo e logoterapia...Lo attestano gli oltre tremila volumi sparsi nella sua abitazione di piazzale Anita Garibaldi (oggi parte della sua biblioteca è stata trasferita al Seminario di Palermo), oltre a quelli dati ...in "prestito permanente" agli amici. Don Pino aveva una solida cultura teologica (amava particolarmente le opere di Karl Rahner, uno dei padri del Concilio), filosofica (in special modo sul Personalismo del filosofo francese Emmanuel Mounier) e pedagogica. Freud e Fromm ma anche Sartre e Maritain: padre Pino metteva al servizio della sua sensibilità le più acute riflessioni dell'esistenzialismo e i più moderni metodi (tra i suoi autori preferiti anche l'americano Carl Rogers, il teorico dell’empatia). Strumenti che utilizzava tacitamente, senza vanterie, per affinare le notevoli qualità innate grazie alle quali entrava facilmente e profondamente in contatto con l'Altro (appunto quella che Rogers nei suoi scritti chiama empatia). Testimonianze preziose sono pure le decine di audiocassette con le registrazioni di suoi discorsi o omelie, raccolte oggi in un archivio con gli altri documenti presso la diocesi di Palermo. Lungo tutta la sua vita don Puglisi ha saputo tessere rapporti personali fortissimi, a prescindere dall'estrazione sociale, dal titolo di studio dell'interlocutore. La prima fase era l'ascolto. Senza parlare mai di religione o di Dio, nel delicato momento dell'approccio non dava consigli immediati, ricette magiche. In un mondo che corre, dove ognuno è in fondo perso dentro ai fatti suoi, le grandi orecchie di don Pino erano un approdo sicuro. Il percorso dell'ascolto era lungo, tortuoso, poteva anche durare anni, poteva anche non sboccare da nessuna parte. Padre Puglisi sapeva ascoltare, rispettava i tempi di tutti, invitava a scandagliare il proprio animo, per misurare le energie prima di scegliere un traguardo. Quando scoccava una scintilla nell'animo del giovane che don Pino stava seguendo, alla fase dell'ascolto subentrava quella della vita comunitaria, dell'apertura del dialogo con gli Altri. Esempi preziosi di questo lavoro, che riprendeva molte delle tecniche psicologiche della terapia di gruppo, sono i campi vocazionali che padre Puglisi organizzò lungo tutti gli anni Ottanta, prima di diventare parroco a Brancaccio. In un'atmosfera di piena libertà, senza l'obbligo di indossare "maschere" per mostrarsi agli altri, i giovani che partecipavano ai campi erano condotti a scoprire i valori dell'amicizia, della solidarietà, della fraternità, del servizio, in una parola del "vivere insieme" nel senso cristiano. A chi, dopo aver compiuto questo cammino, chiedeva di avanzare ancora di un passo, padre Pino offriva di slanciarsi nella scelta di Dio: ognuno di noi - diceva spesso don Puglisi - sente dentro di sè un'inclinazione particolare, un carisma. Un progetto che rende ogni uomo unico e irripetibile. Questa "chiamata" è il segno dello Spirito Santo in noi. Da qui il ruolo di responsabile (a Palermo e poi in Sicilia) dei Centri vocazionali dove ha formato una intera generazione di sacerdoti e suore siciliani lungo tutti gli anni Ottanta.

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