«La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto», recita l'articolo 4 della Costituzione. Un principio negato e oltraggiato nella Sicilia di oggi dove disoccupazione, lavoro nero e violazione delle norme di sicurezza sono una costante. Il lavoro non c'è, oppure è sottopagato e sfruttato. Non è libero e senza libertà non c'è dignità. Danilo Dolci e l'articolo 4 della Costituzione, un processo ancora aperto è il tema di un convegno che si terrà martedì 3 dicembre a partire dalle 9.30 nell'aula magna della Corte di Appello di Palermo. Ad organizzarlo le Acli Palermo e l'associazione Jus con il patrocinio del Consiglio dell'ordine degli avvocati. Dopo i saluti di Matteo Frasca, presidente della Corte d'Appello di Palermo, dell'avvocato Dario Greco, presidente Coa Palermo e dell'avvocato Maria Rita Ornella Costa, presidente Jus, sono previsti gli interventi del professor Matteo Croce, dirigente scolastico del liceo Danilo Dolci, del professor Nino La Spina, sociologo, e del professor Alessandro Bellavista, ordinario di Diritto del Lavoro dell'Università degli Studi di Palermo. Le conclusioni sono affidate ad Amico Dolci, del Centro sviluppo creativo Danilo Dolci. Introduce e modera l'avvocato Francesco Todaro presidente Acli Palermo. «L’idea ci è venuta da due ricorrenze importanti: i 100 anni dalla nascita di Danilo Dolci e gli 80 delle Acli. Danilo Dolci, candidato sette volte al primo Nobel per la pace, dedicò la sua vita alla lotta per la giustizia sociale, i diritti umani e contro la mafia, con l'azione non violenta e l'impegno civile – spiega Todaro –. La figura è molto spesso dimenticata, come capita in questo Paese per chi si pone in rottura con il pensiero unico e dominante. La rete di associazione delle Acli nasce con la vocazione di promuovere la giustizia sociale, la tutela e la promozione del lavoro vero, libero e dignitoso. Ci è sembrato importante, quindi, non lasciare cadere il ricordo di queste due significative circostanze anche per la loro attuale forza profetica». «Dinanzi ad un tempo in cui tutto scorre velocemente e molto spesso in superficie, riaffermare la memoria di Danilo Dolci e quella dei padri fondatori delle Acli, primo tra tutti Achille Grandi, che ha concorso alla elaborazione dell’art. 36 della Costituzione, in un luogo in cui si celebra la giustizia – prosegue Todaro – ci è sembrato un utile servizio per meglio custodire e rafforzare le nostre radici in modo da non abbassare l’attenzione e la responsabilità contro ogni ingiustizia che viene quotidianamente perpetrata. Occorre affermare il valore delle nostre Istituzioni democratiche che hanno contribuito dal dopoguerra ad un lungo periodo di pace e progresso sociale». È a figure come quella di Danilo Dolci che bisogna guardare nei momenti più bui. Ad esempi come quello del 2 febbraio del 1956, quando Danilo Dolci guidò un gruppo di braccianti a lavorare nella Trazzera vecchia, una strada nei pressi di Partinico abbandonata all’incuria dalle amministrazioni. Resterà nella memoria come lo sciopero alla rovescia: chi vi partecipò lavorava gratuitamente realizzando un'opera di pubblica utilità. L'obiettivo era fare passare il messaggio che il lavoro non è solo un diritto ma per l’articolo 4 della Costituzione un dovere. Ed ecco la cruda attualità di un processo aperto. Danilo Dolci fu arrestato, a difenderlo nel processo fu Piero Calamandrei che nella sua arringa disse: «L'eroismo di Danilo è questo: dove più la miseria soffoca la dignità umana, egli ha voluto mescolarsi con loro e confortarli non con i messaggi ma con la sua presenza; diventare uno di loro, dividere con loro il suo pane e il suo mantello, e chiedere in cambio ai suoi compagni una delle loro pale e un pò di fame».