Non uno spauracchio, semmai un’opportunità a uso e consumo dell’uomo, senza pensare che l’intelligenza artificiale possa far meglio di chi la sta creando e istruendo, o addirittura si possa ribellare. L’italo-statunitense Federico Faggin, fisico e inventore di fama internazionale, fondamentale per la realizzazione del microchip e del touchscreen, è a Palermo per la conferenza organizzata dalla business community Palermo Mediterranea. All’evento, presso il teatro Massimo, hanno partecipato circa 2 mila studenti. Federico Faggin riesce a parlare con una facilità enorme di problemi complessi. E dall’alto dei suoi 83 anni portati con una leggerezza enorme, comunica ai giovani. Da stamattina Federico Faggin è anche cittadino onorario di Palermo: lo ha nominato il sindaco Roberto Lagalla, ricordando che già nel 2008 il fisico aveva ricevuto dall’Università palermitana, la laurea Honoris Causa in Ingegneria. La cittadinanza arriva a un uomo e a uno scienziato, «che ha promosso una visione e una funzione etica della tecnologia» dice Lagalla. Lo studioso non è fra gli «apocalittici» riguardo all’intelligenza artificiale. «L’intelligenza artificiale non capisce niente, non è infallibile. Molti pensano il contrario. È solo istruita a ripetere quel che ha imparato, in maniera non totalmente meccanica, trova correlazioni tra i simboli più probabili, dunque fa anche errori madornali, bisogna stare attenti», osserva Faggin, pioniere della Silicon Valley, sviluppatore della tecnologia Mos per la fabbricazione dei primi microprocessori e delle memorie Ram dinamiche. «È un gioco di simboli - prosegue - ma non c’è significato. Le macchine non fanno questa distinzione che facciamo noi uomini, se la facessero capirebbero. Ma le macchine non capiscono nulla, hanno il buio dentro. Gli individui, invece, hanno un mondo dentro, che in un certo senso proiettiamo fuori. Questo è il nostro campo cosciente». La coscienza è un tema chiave nella riflessione di Faggin negli ultimi decenni. Ne ha scritto anche nei suoi libri, «Silicio», «Irriducibile» e «Oltre l’invisibile», editi da Mondadori. «Le macchine possono limitarsi a riprodurre. Le nostre sensazioni e i nostri sentimenti - prosegue - esistono nella nostra coscienza e non nel cervello, dove ci sono correlati, che trasformano le informazioni in segnali elettrici e biochimici. Ma la coscienza non è nel corpo, è in un campo che esiste in una realtà più profonda. L’esperienza dei singoli, intesa come mondo interiore, non è riproducibile, perché è conoscibile solo dall’interno». L’avversario dichiarato di Faggin è «lo scientismo che domina molto del pensiero comune» e che «ha finito per dire che noi siamo macchine», ma «queste stesse persone ci raccontano che l’intelligenza artificiale ci supererà, che potremo scaricare la nostra coscienza sul computer». Per Faggin «l’amore non è un segnale elettrico nel cervello. La fisica può descrivere le onde del mare, non il mare. Anche io uso l’intelligenza artificiale, serve a risparmiare l’80-90% del tempo, a ricercare dati, a tradurre. Ma devo rivedere tutto, cambiare parole, a volte frasi, perché conosco bene le lingue. Se non le conoscessi potrei dire cose piatte, banali, anche castronerie. Nessuno ci racconti che l’intelligenza artificiale ci soppianterà. Non ha nessun desiderio, nessuna emozione. L’azione etica e il libero arbitrio sono solo umani». Per Faggin «la coscienza va oltre i numeri e tutto quel che è misurabile. È un fenomeno che la scienza non riesce a spiegare».